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4 maggio: «Fase uno e mezzo, aspettative deluse». Forse colpa dell'app

In molti sperano in una reinterpretazione regionale del dpcm. L'ira di bar, ristoranti, estetisti e parrucchieri. Tutto posticipato rispetto alle previsioni. Variati: «Ragionevole prudenza»

Già l'hanno ribattezzata fase uno e mezzo, quella del nuovo dpcm del governo Conte, annunciato, questa volta non a reti unificate, la sera di domenica 26 aprile. Aspettative deluse. A metà maggio si attendeva la ripartenza dei negozi di abbigliamento, calzature e altri tipi di commercio al dettaglio. Il 18 maggio sarebbero dovuti ripartire da previsioni bar e ristoranti. Per questi invece le saracinesche non si alzeranno fino al primo giugno, mentre per un altro mese si procederà con la consegna a domicilio e il ritiro per l'asporto degli alimenti preparati. Sarà l'ingrosso ad aprire, per i materiali connessi alle attività in funzione, cioè i cantieri e la manifattura. Slitta al primo giugno anche il riavvio di parrucchieri, estetisti e i servizi al benessere. Critiche e proteste non si sono fatte attendere. 

Critiche

«Il governo dimostra tutta la sua inadeguatezza - commenta Fabio Crea di Fratelli D'Italia - Oggi per molti italiani il 27 sarebbe stato giorno di paga e invece, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali sono abbandonati a loro stessi. Com'è possibile non riconoscere che riaprire centri estetici, parrucchieri, bar e ristoranti al 1 giugno significa condannare questi settori al fallimento definitivo? Sono proprio queste le attività che animano i centri storici del Veneto. Chiuderli ancora significa infliggere un colpo mortale».

La sicurezza

Il governatore del Veneto Luca Zaia, nel suo consueto intervento da Marghera lunedì 27 aprile, non ha voluto perdere tempo annunciando un'altra ordinanza, per permettere ai cittadini di raggiungere le seconde case e di circolare, da domani, in territorio comunale. Zaia non ha mollato neppure sul cibo per asporto, dove ha consentito il ritiro degli alimenti pronti a bordo delle proprie auto, tipo Mc Drive, da subito, non dopo il ponte del primo maggio. «Quella annunciata ieri sera dal premier Conte non è la ripartenza per la Fase 2: è l'annuncio di morte di migliaia di aziende sui nostri territori per mano di un governo che insiste a ragionare in base ai codici Ateco», scrive Luca De Carlo FdI. «Gli italiani vogliono lavorare, e c'è chi può farlo in sicurezza, lo dimostrano i controlli dello Spisal nelle aziende venete. Basta scelte scellerate che uccidono le imprese e l'economia italiana, si permetta di lavorare a chi può ripartire tutelando la salute di tutti».

La App

Il nodo dei trasporti pubblici è ancora da definire nelle città, ci sono molte ipotesi e studi al vaglio per renderli sicuri e utilizzabili, con i distanziamenti i tratteggiamenti e quindi diradando gli utenti a bordo, eliminando le code alle biglietterie e tracciando al suolo segni di distanziamento. Conte non ha parlato della app per segnalare i contagi. La Regione Veneto lo aveva fatto, paventando un certo grado di obbligatorietà in vista delle successive fasi di riapertura. Mentre l'esecutivo è finora rimasto sulla posizione della libertà della condivisione delle informazioni. C'è anche il problema di avere una piattaforma adeguata di trattamento, dopo il tracciamento, delle informazioni sui contatti avuti a partire da una persona risultata positiva. Assente anche un piano tamponi o test per permettere al Paese di ripartire in base a informazioni epidemiologiche abbastanza sicure, mentre al momento ci si è fermati ai dati sui contagi che quotidianamente le Regioni trasferiscono al comitato tecnico dell'Istituto superiore della Sanità per orientarne le decisioni.

La cura alla persona

Estetisti, parrucchieri e professionisti del comparto cura e benessere, metalmeccanici, battono i pugni sul tavolo. «Inaccettabile riaprire il primo giugno - che poi diventa il 3 giugno per via della festività - dice Agostino Bonomo di Confartigianato Veneto. In Veneto si stima una perdita economica per le imprese del benessere di quasi 89 milioni di euro per effetto dei mancati ricavi a causa della chiusura e della concorrenza sleale degli abusivi. I settori del mobile, moda e metalmeccanica contano in regione 20.827 imprese artigiane e 87.844 addetti. «Il rinvio alla riapertura di acconciatori e centri estetici – sostiene Bonomo – è inaudito e insopportabile. Il comparto che in Veneto consta di 12.128 imprese artigiane e 24.214 addetti ha elaborato e presentato proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività osservando le indicazioni delle autorità sanitarie. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta». 

Protocolli

«Sono già stati sottoscritti dei protocolli che definiscono misure precise per ciascun settore di attività, a garanzia della salute dei lavoratori e dei clienti - dice Patrizio Bertin presidente Confcommercio -. Servono - aggiunge - indennizzi e contributi a fondo perduto, consistenti e capillarmente distribuiti.  Le attività sono chiuse da mesi, non producono fatturato, ma nel contempo continuano a dover pagare affitti e spese vive. Col procrastinarsi della chiusura si rischia il definitivo colpo di grazia».

Ragionevolezza

«È necessario tornare in attività, il più possibile e il prima possibile: ma lo dovremo fare con attenzione e prudenza  – dichiara il sottosegretario di Stato Achille Variati – Già da questa settimana in alcuni settori, e dal 4 maggio in tutti gli altri, torneranno al lavoro milioni di lavoratori dell’industria, dell’edilizia e del commercio all’ingrosso. Il governo su unanime indicazione del comitato scientifico ha scelto una linea di ragionevole prudenza. È facile alzare la voce, protestare, dire che è incapace e che bisognerebbe riaprire tutto e subito: ma in una crisi che colpisce tutto il mondo, e in cui c’è un virus per il quale non abbiamo un vaccino sarebbe anche la scelta sbagliata», ma resta la possibilità di rivedere le misure per un cambio di strategia.

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