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Malvasie, Furatole e Magazen: gli antenati delle osterie veneziane

La storia di queste antiche botteghe di vino ancora presenti nel nome di alcune delle più famose calli cittadine

"Andar par ostarie" è una delle attività preferite dai veneziani e non solo. In questi luoghi tipici della città lagunare, infatti, si può bere la classica ombra di vino o mangiare i tradizionali cicchetti veneziani. Non tutti, però, sanno che, in passato, gli antenati delle odierne osterie erano delle botteghe che si distinguevano le une dalle altre dalla qualità e dalla provenienza del vino che vendevano. Oggi, questi esercizi non esistono più ma le tracce della loro presenza restano nei nomi di alcune delle calli più note della città. Di quali si tratta? Scopriamolo insieme in questo tuffo nella storia degli antichi venditori di vino di Venezia.

Malvasia: la bottega dei vini "foresti"

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Questa tipologia di bottega, denominata appunto Malvasia, era dedicata alla vendita dei cosiddetti "vini navigati", cioè i vini che venivano importati via mare, come quelli provenienti da Cirpo, dalla Puglia e specialmente il vino originario della città di Malvasia (Monemvasia) nel sud della Grecia da cui prendeva, appunto, il nome. Questo tipo di vino era di tre tipi: dolce, tondo e garbo. La malvasia dolce che non era molto amata dai veneziani e, proprio per questo, era venduta per lo più ai cosiddetti "foresti", cioè chi veniva da fuori città. La malvasia cosiddetta "tonda" era considerata anch'essa poco saporita mentre quella "garba" era la preferita dai cittadini di Venezia che la consideravano un vero e proprio toccasana per il corpo e per lo spirito come se fosse un "rimedio" per ogni male. Non è un caso, infatti, che vicino a Campo Santa Maria Formosa c'è una calle denominata "Calle del Remedio" che prendeva il nome proprio dalla Malvasia che si trovava da quelle parti e che vendeva il "rimedio" preferito dai veneziani. Nei paraggi di questa calle, esistono anche la Calle e il Ponte della Malvasia sempre dedicata alla bottega che si trovava lì in passato. 

Furatola: la bottega del vino scadente passato sottobanco

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Questa tipologia di locale, dal nome furatola, era molto più umile e piccolo rispetto alla Malvasia e prevedeva la vendita di pesce fritto o altri cicchetti ma non era prevista la vendita del vino che, però, veniva passato, sempre di una qualità scadente, sottobanco ai clienti senza farsi vedere dalle autorità dell'epoca. La furatola era una bottega frequentata per lo più dalle classi sociali più povere. Perché si chiamava così? Sono diverse le ipotesi. Da un lato c'è chi pensa derivi dalla parola "foro" appunto per le sue piccole dimensioni oppure chi crede che derivi dal termine "furabola", cioé "tenebre". Questa seconda ipotesi viene spiegata dal fatto che dentro le furatole c'era sempre una scarsissima illuminazione e le mura di questi locali erano sempre annerite dal fumo. Come ultima ipotesi, il nome furatola viene associata al latino "furari", cioè "rubare" per la facilità con cui si poteva essere derubati dentro questa bottega. Oggi di questo locale resta il nome della Calle e del Ponte della Furatola nei pressi di campo San Polo.

Magazen: la bottega del vino dei pegni

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Il magazen era la bottega designata alla vendita di vino al minuto e dove si potevano portare i propri oggetti preziosi da impegnare ricavandone una ricompensa metà in denaro e metà in vino di bassa qualità (il cosiddetto vino dei pegni). I magazen si dividevano in due tipologie: 

  • Bastioni: spesso situati nelle vicinanze di un luganegher proprio perché in questi locali non si vendeva cibo
  • Samarchi o Samarcheti: erano botteghe denominate così perché contrassegnate dallo stemma della Repubblica

A Venezia esistono, a oggi, 18 calli, 5 sottoportici, 2 corti, 1 fondamenta, 2 campielli e 3 rami che portano questo nome e ricordano, cosiì, l'esistenza di questi locali tanto amati e diffudi in città ai tempi della Serenissima. 

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