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Giovedì, 25 Aprile 2024
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"Ti dovremo spaccare le gambe", estorti 80mila euro a un antiquario

La Finanza ha arrestato tre malviventi che avevano fatto credere alla loro vittima, anche con le minacce, di aver acquistato da loro quadri rubati. Lui per non infangare il proprio nome pagava

Lo avano portato a uno stato di prostrazione psicologica tale che gli stessi estorsori temevano che potesse compiere un gesto estremo. In quel caso sarebbe stato un problema anche per loro. Un incubo durato più di un anno per un ex antiquario sulla sessantina molto noto nel mestrino, fino a che Alberto Faldini, 63enne, Massimiliano Grossi, 33enne, e Alessandro Pizza, 42enne, non sono finiti in manette con l'accusa di estorsione e rapina aggravata. L'ultimo dei tre è residente a Portogruaro, gli altri due a Jesolo.

Tutto è iniziato all'inizio del 2011, quando al commerciante d'arte, che aveva due negozi ormai chiusi a Mestre e Martellago, viene proposto da Faldini, con precedenti penali e molto addentro da anni al mercato nero, l'acquisto di tre quadri d'arte moderna (tra cui un Licata e un Finzi) e dei mobili antichi. Il commerciante accetta, accaparrandosi la merce con circa 30mila euro.

A questo punto inizia l'estorsione. Poco incline ad accontantarsi di quella somma, Faldini manda Massimiliano Grossi, già arrestato nel 2005 per estorsione, come ambasciatore, avvertendo l'antiquario che quei "pezzi", rivelatisi poi autentici e "puliti", erano nel mirino di un'indagine della polizia. Il suo buon nome avrebbe potuto finire infangato come ricettatore. Le visite si susseguono, sempre con la stessa richiesta: altre persone della "malavita" si erano prese la responsabilità del furto, quindi bisognava pagare loro gli avvocati. La vittima inizia ad allargare i cordoni della borsa, pensando che piano piano le cose sarebbero tornate alla normalità.

Le sue previsioni però si sarebbero rivelate sbagliate. Ad aggiungere ulteriore pressione psicologica al malcapitato e Alessandro Pizza, che si presenta come un esponente della gang di Casamonica, gruppo criminale molto conosciuto nel Lazio: zingaro, capitolino ma con origini slave. Lo minaccia di fargli del male e di colpire anche la sua famiglia. La vittima, ormai terrorizzata, abboccava ogni volta e continuava a pagare: sono circa 80mila euro i soldi estorti. Cui bisogna aggiungere la restituzione alla "mente" dell'organizzazione, Faldini, dei quadri e dei mobili acquistati, che poi tra l'altro il 63enne ha provveduto a rivendere una seconda volta.

Le minacce erano anche fisiche. La vittima, infatti, veniva maltrattata e presa a male parole. Ma è quando ha iniziato a essere coinvolta la famiglia che gli sono stati inferti i colpi più duri. Pizza o Grossi, infatti, si facevano trovare davanti la scuola della nipotina, minacciando il nonno, oppure aspettavano la figlia fuori dal posto di lavoro per ingiuriarla. A volte facevano finta di pedinare con l'auto la loro vittima o la figlia, facendo pensare che il clan dei Casamonica stesse controllando i loro movimenti. "Gli hanno spaccato le gambe - racconta un giorno Grossi alla sua vittima - vedessi come sono ridotte le gambe di Faldini. Gli ho dovuto spaccare le gambe". Intendendo che qualcosa di analogo sarebbe potuto accadere anche al suo interlocutore.

A quel punto è entrato in gioco il nucleo di polizia tributaria della Finanza, che è arrivata ai tre malviventi indagando in maniera autonoma sul mercato clandestino. Attraverso un'inchiesta condotta in parte in maniera tradizionale e in parte attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, le Fiamme Gialle hanno contattato l'antiquario, facendogli capire che era stato vittima di un'estorsione, e arrestato il trio di criminali, che ora rischiano fino a 20 anni di reclusione.
 

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