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Quasi il 30% dei negozi di piazza Ferretto è sfitto

Allargando lo spettro a tutto il centro cittadino, il dato si assesta sul 23%, in linea con quello degli ultimi anni, nonostante i 16 mesi di epidemia sanitaria. I dati sulla situazione del commercio mestrino sono stati riassunti nel corso di una conferenza stampa nella sede di Confesercenti

Non è solo una questione di affitti troppo esosi da sostenere, spesso il problema sta nella natura degli spazi, sviluppati in lungo e poco ampi, che non si sposano al meglio con le esigenze degli imprenditori. C'è anche questo alla base dell'alto numero di locali sfitti in piazza Ferretto a Mestre, che ad oggi sfiora il 30% del totale, 27,60 per l'esattezza. Un dato sul quale ha inciso, ma solo marginalmente, la crisi pandemica, considerando che già da aprile 2016 quasi il 23% dei negozi aveva la serranda abbassata.

Sfitti, la situazione in centro a Mestre

La tradizionale rilevazione di Confesercenti mette in luce la situazione critica nel salotto buono della città, con l'incidenza che scende invece dal 23,90 al 21,30% in generale in centro a Mestre; si tratta di un dato che testimonia come negli ultimi cinque anni lo sfitto si mantenga di qualche unità superiore al 20% del totale dei negozi. L'indagine completa è stata presentata questa mattina dal direttore Maurizio Franceschi, da Alvise Canniello dell'ufficio sviluppo e Andrea Crescente, nuovo coordinatore di Confesercenti per Mestre.

Secondo i dati, 644 sono i negozi attivi e 137 quelli sfitti, il 21,27% del totale in centro. L'area più critica rimane quella di via Verdi e Riviera XX Settembre, con lo sfitto che tocca quota 35% (21 le serrande abbassate), seguita a ruota da piazzale Candiani e via Temanza (31,58%) e via Einuadi (31,43%). Regge ancora piuttosto bene la zona di via Pio X, via Giardino e piazzale Cialdini con un'incidenza del 9,35%, mentre nell'area di via Fapanni e via XXII Ottobre si sale già al 14,29% (42 attivi e 6 sfitti).

La città non è attrattiva per imprenditori e investitori, di conseguenza non ci sono aperture di attività qualificate e i consumatori non riconoscono Mestre come un luogo per fare acquisti. A questo si devono aggiungere anche un'offerta culturale che c'è ma stenta fortemente a decollare (un esempio su tutti è offerto dal museo M9) e la forte crescita del settore "food", molto variegato e al passo con i tempi, che però non è affiancato dalla crescita degli altri settori; per questo le persone preferiscono i centri commerciali e, forse ancor di più, gli acquisti online, più impersonali ma in grado di fornire servizi efficaci che li fanno preferire a quelli "fisici". «Quasi tutti, anche i più piccoli negozi - spiega Franceschi - oggi vendono online, ma social e siti per queste realtà sono delle vetrine virtuali, non dei canali di vendita diretta».

Come è emerso dall'indagine di Confesercenti, nella stragrande maggiornaza dei casi, i negozi vendono a clienti affezionati: quelli di abbigliamento sostengono che il 90% degli incassi provengono da consumatori affiliati, lo stesso vale per il settore ottico e delle calzature (80%). Circostanza che dipende in parte anche dall'impreparazione di Mestre in ambito turistico. «Con la ripresa e i fondi del Recovery Fund la città può e deve esprimere uno sviluppo del settore. - spiega Franceschi - C'è di negativo che non c'è ancora una struttura adeguata per l'accoglienza turistica, e questo a partire dalle imprese. Non bastano le strutture ricettive, le imprese devono essere parte dello sviluppo di un turismo differente».

In una situazione negativa che si protrae da molti anni, c'è di buono che i giovani si stanno dando da fare, nel loro piccolo, per invertire la tendenza. «Ci sono ragazzi che stanno approfittando del calo del costo degli affiti - ha spiegato Crescente - per aprire locali e avviare attività con delle proposte di qualità. Non solo nel settore della ristorazione, c'è chi ha aperto una libreria e chi ancora un negozio di vinili. Uno dei nostri obiettivi, di qui in avanti, - ha aggiunto - dovrà essre quello di riabituare i mestrini al fatto che in centro città c'è un'offerta di qualità, con realtà storiche che non hanno pari nei centri commerciali, e al contempo riscuotere consensi da chi viene da fuori».

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