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Donne discriminate al lavoro, Cgil: «Colpa del modello economico»

La crisi economica è un ricordo nel nostro territorio. Eppure, secondo il sindacato, «le retribuzioni femminili sono rimaste inferiori a quelle maschili, così come le opportunità di carriera e stabilità lavorativa

Una «questione femminile» che in Veneto esiste di più che nel resto d'Italia, secondo i dati sul mercato del lavoro della Cgil Veneto, presentati durante una conferenza del sindacato venerdì, all’Auditorium Città Metropolitana di Venezia, alla quale ha partecipato Susanna Camusso, ex segretario generale della Cgil nazionale. Il fatto che qui le donne abbiano un maggior tasso di occupazione, rispetto ad altre regioni, non riduce ma aumenta, in questo contesto, la discriminazione di genere, secondo il sindacato regionale, anche se il loro reddito è superiore a quello medio del paese. Le donne percepiscono, dice Cgil, un salario che in media è più basso rispetto a quello degli uomini del 35% in Veneto. Il lavoro delle donne è precario, nelle forme del part time involontario, verticale e a tempo determinato, più di quello maschile. Inferiori sono anche le opportunità di stabilità.

Assunzioni in Veneto da gennaio a giugno 2019

Il 30,09% del totale dei dipendenti uomini hanno redditi sopra i 30.000 euro (settore privato), mentre solo il 10,69% delle dipendenti donne porta a casa lo stesso guadagno. In Veneto, da gennaio a giugno 2019, anno di netta ripresa del mercato del lavoro anche nel comparto industriale, le donne assunte sono state il 43,8% del totale. Quota però che crolla al 35,7%, se si considerano le sole assunzioni a tempo indeterminato, e schizza al 62,4% se si guarda ai soli rapporti part time. 

Titolo di studio 

Le donne entrate nel lavoro sono più istruite degli uomini e hanno un più alto titolo di studio. Per il 17,2% sono laureate (contro il 7,5% dei maschi) e per il 44,2% sono diplomate (contro il 29,3% dei maschi). Ma avere una laurea non comporta trovare un lavoro più stabile e sicuro. Soprattutto per le donne tra le quali la quota di assunzioni a tempo indeterminato corrisponde a circa la metà di quelle degli uomini con lo stesso titolo di studio. Così in Veneto solo il 14,9% delle laureate ha trovato nel 2019 un posto fisso, contro il 27,5% dei maschi. Il gap si ripresenta puntuale, a sfavore delle donne, siano esse diplomate (10,3% di rapporti stabili contro il 16,5% degli uomini), in possesso di un diploma di 2 o 3 anni (10,4% contro il 16,0%) oppure con preparazione scolastica fino alla licenza media (12,8% contro il 15,4%). Quando entrano nel mercato del lavoro, anche se laureate, le donne accettano ruoli come commesse, operaie o impiegate.

Modello economico

«Aumentano i processi di precarizzazione e di discriminazione - afferma Susanna Camusso -. Una questione culturale, ci sono pregiudizi, stereotipi, ma questo è anche il prodotto di un modello economico fondato su una idea di lavoro povero, in termini di retribuzione e di sfruttamento. La paga delle donne è vista come residuale e di supporto a quella del nucleo famigliare, non fondamentale per la libertà, l'emancipazione e l'autodeterminazione della persona - segno che poco si è capito del valore delle donne nella società -. Resistenze al cambiamento continuano ad essercene e anche una quota di invidia - dice Camusso - rispetto alla capacità di tenere insieme mondi complicatissimi. Come spesso si dice gli uomini sanno fare una cosa per volta e spesso neanche bene».

Genitorialità condivisa

«Una volta si usava dire "donna acrobata", ora diciamo multitasking - continua Camusso -. Bisogna passare dall'idea che siano le donne a dover conciliare tutto, all'idea che bisogna condividere. Sentiamo affermare che ci deve essere una nuova stagione della genitorialità, poi alcuni senatori lo hanno usato per sottomettere le donne, ma c'è chi lo pensa davvero. Perché sia condivisa la genitorialità bisogna condividerla, nelle attività di cura quotidiana. Siamo di fronte a una nuova stagione, che è impegno nella contrattazione e dovrebbe esserlo anche della legislazione, nel praticare una condivisione. Non è la Cgil che guarda indietro - conclude Camusso - ci sono nodi irrisolti come quello della disparità di carriera, o il nodo salariale, che esplodono, come quello del cambiamento climatico, per cui siamo al fianco delle tante ragazze e ragazzi che manifestano. Si è sempre svalorizzato il lavoro di cura perché si pretendeva gratis dalle donne, e lo si considera un ruolo prettamente delle donne, in realtà il mondo e il nostro paese hanno un bisogno straordinario di cura».

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