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Martedì, 23 Aprile 2024
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L'eroe dei Tolentini riapre le ferite: "Chiediamo giustizia per Oliviero"

I famigliari del 53enne di Marcon che si tuffò nel Canal Salso in barba ai tumori per salvare una donna convinti che il gesto sia stato dimenticato

Da perfetti sconosciuti a eroi. E' il destino di chi senza pensarci due volte mette la propria vita in secondo piano per salvare quella altrui. Riuscendoci o meno. Poi, però, spesso la quotidianità torna a prendere il sopravvento. E quei gesti di altruismo finiscono nel dimenticatoio, a torto o ragione. Per questo motivo il meritevole tentativo di Muhamed Pozhari, il kosovaro di 25 anni che il 31 dicembre scorso si è gettato nel rio dei Tolentini per salvare Maurizio Boscolo, il veneziano di 63 anni spirato poco dopo, nei famigliari di Oliviero Biancato ha riaperto una ferita che stenta a rimarginarsi. Si tratta di colui che nell'estate 2012 venne ribattezzato "l'eroe di San Giuliano".

TROPPE ASSENZE PER I CICLI DI CHEMIO, VENNE LICENZIATO

"I due casi sono molto simili - racconta il fratello Costanzo - leggiamo che il giovane kosovaro potrebbe ricevere un permesso di soggiorno, lui che è irregolare, e addirittura ottenere il titolo di cavaliere". Tutto giusto, naturalmente. Tutto meritato. Però Oliviero Biancato ebbe un destino molto diverso: morì da disoccupato. Lui che era malato di tumore. Venne licenziato perché aveva messo in fila troppi giorni di malattia per sottoporsi a ripetuti cicli di chemioterapia. Fino ad arrivare all'ineluttabile e tragico epilogo di un'esistenza che aveva raggiunto la ribalta delle cronache per il suo eroico gesto nel Canal Salso.

SI TUFFO' PER SALVARE UNA DONNA: "MI SCATTA QUALCOSA DENTRO"

Era il luglio del 2012 quando l'elettricista di Marcon si gettò in acqua in corrispondenza del cavalcavia di San Giuliano a Mestre per salvare la vita a una donna che aveva intenzione di uccidersi. Si era tuffato subito, con tanto di scarpe e vestiti. Il resto del mondo continuava a guardare, mentre lui, nonostante già il male lo avesse debilitato, nonostante fosse convalescente e indebolito, trascinò la 42enne di Spinea a riva. Aiutato da una barca di pescatori di passaggio. "Mi scatta qualcosa dentro, non ho pensato ad altro", raccontò a suo tempo.

Una vicenda simile alla tragedia di Venezia di pochi giorni fa. Una storia che però si è conclusa nel peggiore dei modi: "Mio fratello è morto disoccupato e dimenticato da tutti - sottolinea il fratello Costanzo - Non ha mai chiesto nulla, ma ha voluto che la sua storia venisse raccontata per aiutare chi si trovava nella sua stessa situazione. Abbandonato dallo Stato e dalla legge". Ora che per certi versi è ormai troppo tardi (il decesso di Biancato risale a poco più di un anno fa), anche la moglie Maria Teresa chiede che le istituzioni ricordino la generosità d'animo di un uomo vinto dal male. Ma che con il suo gesto ha nobilitato un'intera esistenza: "Oliviero ha ricevuto dal Comune di Marcon un piatto come premio - conclude il fratello Costanzo - mentre dalla città di Venezia c'è stato il silenzio più completo. Non importa quanto tempo è passato. Chiediamo che gli eroi non vengano mai dimenticati, e Oliviero lo era di certo".

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