Venerdì senza "moschea" per i bengalesi. Lettera ai cristiani: "Il terrore vuole dividerci"
In via Fogazzaro a Mestre calma piatta. Sede della comunità chiusa. I suoi rappresentanti inviano una lettera aperta per augurare buona Pasqua: "Sogniamo di vederci tutti uniti"
Era da anni che in via Fogazzaro a Mestre, il venerdì, non si vedevano così poche persone. Il deserto. Almeno all'altezza del centro culturale islamico, chiuso con le saracinesche tirate giù. "Moschea chiusa", recita un cartello posizionato all'ingresso. La comunità bengalese, infatti, si è divisa negli tra gli altri luoghi cittadini (come per esempio in via Monzani a Marghera) dove si pratica il culto islamico. Da lunedì scorso, infatti, nel locale di via Fogazzaro è vietato pregare, perché la destinazione d'uso è diversa da ciò che servirebbe.
"So che è chiusa - spiega un bengalese fermo davanti alla "moschea" - io avendo problemi alle gambe pregherò a casa. Gli altri sono andati in zona Altobello o Marghera. Qui non si può più". La paventata protesta della comunità, con la possibile preghiera collettiva in parchi e aree verdi, è rientrata dopo l'incontro di mercoledì con il comandante della polizia locale, Marco Agostini. Tre le aree in cui si individuerà la nuova sede della comunità bengalese, tra via Torino, la zona della stazione e dietro via Miranese.
LETTERA APERTA AI CRISTIANI - Intanto il presidente dell'associazione "Bangladesh Centro Culturale di Venezia", Mohammed Ali, e il portavoce della comunità bengalese lagunare, Kamrul Syed, hanno inviato una lettera aperta ai fedeli cristiani per augurare loro una buona Pasqua: "C’è un unico grande spirito che anima la nostra esistenza su questo piccolo puntino blu nell’universo e che ci fa rimanere sbigottiti davanti ad un cielo stellato, esso è l’amore - scrivono - Pensiamo che lo stesso meraviglioso paesaggio può essere scorto da ogni paio di occhi, indipendentemente da quante cose hanno visto. E i nostri occhi hanno visto tante cose, ciascuno le ha sperimentate in maniera diversa e in mille sfaccettature, eppure siamo tutti qui, incantati davanti alla maestosità della natura, spaventati dalla nostra piccolezza. Ciò non fa di noi un’unica grande famiglia? È molto difficile oggi, per la nostra comunità, essere compresa, essere accettata, a causa degli orrori provocati da un terrorismo cieco, che ci uccide, indipendentemente dalla religione, e che ci ha reso lontani e incapaci di guardarci negli occhi, perché questo è il suo scopo - continua la missiva - Noi ci auguriamo, che un giorno tutto questo finirà, magari domani, magari subito e agogniamo il momento in cui le nostre culture, e tutte le culture del mondo, si uniranno sotto un unico segno, quello della pace".