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La "moschea" di Mestre tenta di sopravvivere: rischio chiusura per sovraffollamento

In via Fogazzaro la comunità bengalese vuole limitare gli attriti con il vicinato e stare alle regole. Preghiere suddivise in turni. "Non vogliamo chiudere, ma cerchiamo alternative"

Sabato pomeriggio la situazione alla "moschea" di Mestre è tranquilla. Al centro ricreativo islamico di via Fogazzaro si fanno vivi solo pochi credenti, aspettano il momento della preghiera serale. Alcuni camminano sul marciapiede, evidentemente in attesa, ma vengono gentilmente invitati a spostarsi perché coloro che gestiscono lo spazio vogliono ridurre al minimo i possibili attriti con il vicinato e intendono attenersi alle regole per non avere guai. Niente assembramenti davanti alla struttura, un rischio più che concreto nei momenti di maggiore affusso, quando il numero dei musulmani presenti contemporaneamente può arrivare anche a due o trecento.

È proprio questo il primo problema da risolvere, anche perché, riferiscono dal centro culturale, di recente sarebbe giunta una lettera in cui si ricorda che gli spazi dell'associazione possono ospitare al massimo ottanta persone: "Possiamo prendere 2mila euro di multa per ogni ospite in più", precisa uno di loro. Ecco perché gli islamici hanno cominciato a organizzarsi e suddividere i momenti di preghiera, con due o anche tre turni per diluire le presenze. Le lamentele dei residenti, intanto, si fanno sentire: recentemente Luigi Corò, presidente del comitato Marco Polo a difesa del cittadino, dopo una raccolta firme ha denunciato il luogo di culto alle autorità competenti, spiegando che "il centro culturale bengalese pratica il culto islamico, arrecando disagi e creando tensioni nel vicinato".

L'associazione dunque corre ai ripari e negli ultimi giorni sta cercando di ovviare al problema del sovraffollamento e delle persone in sosta davanti al centro. Ma non solo. L'ultima novità è un cartello che ha fatto capolino sulla porta d'ingresso in cui si vieta agli ospiti di entrare nella moschea con qualsiasi borsa, per motivi di sicurezza. Un provvedimento che, oltre a limitare i disagi all'interno della struttura, serve a tutelare gli stessi bengalesi che frequentano il centro, preoccupati a loro volta di poter diventare vittime di qualche attacco da parte di gruppi fondamentalisti. Specialmente dopo l'attentato di Dacca di luglio, dimostrazione che in Bangladesh le divisioni sono forti e la congiuntura politica tutt'altro che stabile.

Insomma, la comunità bengalese di Mestre si organizza e cerca di inserirsi nel tessuto cittadino superando le controversie; certo, le grane restano, in particolar modo questioni di tipo edilizio su cui la polizia locale sta cercando di fare chiarezza. Un sopralluogo è stato effettuato anche lunedì. "Siamo collaborativi - spiegano gli islamici - Ma comunque stiamo cercando un posto alternativo dove trasferirci. C'è anche una raccolta fondi per trovare una nuova struttura. Non vogliamo dare fastidio: alle 22.40, dopo l'ultima preghiera non c'è più nessuno di noi. Poi può capitare che arrivi altra gente, ubriachi che molestano i residenti. E a farne le spese è la nostra comunità". Di tutte queste problematiche sono a conoscenza sia l'amministrazione cittadina che la Procura e la Prefettura: è a quest'ultime, eventualmente, che spetterà la decisione di chiudere gli spazi dell'associazione.

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