Il calo dei prezzi delle case a Mestre? È in linea con la media italiana
L'andamento del mercato immobiliare negli ultimi dieci anni è stato simile in tutte le città, esclusa Milano. E negli ultimi mesi si osserva una ripresa delle compravendite e delle quotazioni
Se si osservano i numeri, i dati dei prezzi delle case a Mestre non sono diversi da quelli delle altre città italiane: il calo del valore degli immobili, in media circa l'11% in dieci anni (2011-2021), è in linea con quello nazionale (esclusa Milano). Le situazioni di degrado in città ci sono, ma restano concentrate perlopiù nell'area della stazione: «È un problema circoscritto - commenta Marco Sarzini, titolare di un'agenzia immobiliare con lunga esperienza nel settore - Sappiamo, ad esempio, che Corso del Popolo è tagliato a metà: nel tratto verso via Torino i prezzi sono scesi maggiormente, mentre verso il centro gli appartamenti continuano ad avere un certo pregio ed un valore alto». La flessione, iniziata fin dal 2007, è figlia della brusca frenata della fase espansiva iniziata negli anni '90 e terminata con la crisi dell mercato dei mutui sub-prime. «È chiaro - riepiloga Sarzini - che nei primi anni Duemila c'era stato un boom. Ma era una bolla speculativa, che poi è scoppiata. I prezzi di allora non erano reali».
Non è necessariamente vero, quindi, che Mestre abbia perso appeal, come sostiene invece l'associazione Adico. Inoltre negli ultimi due anni ci sono stati segnali incoraggianti, come rilevato anche dalla stessa ricerca dell'Adico: i prezzi medi al metro quadro sono risaliti e il mercato è tornato vivace. Alcune zone della città sono oggetto di importanti progetti di riqualificazione, molti palazzi stanno recuperando pregio grazie ai bonus statali e intanto si costruiscono nuovi condomini, con appartamenti di alto valore, come il complesso Manuzio di viale San Marco, palazzo Agorà in via Carducci, i Giardini del Forte, il complesso in costruzione in via Mestrina, la Magellano Tower. E ci sono altri progetti in arrivo, come quello della futura torre in viale San Marco.
«Certo - riflette Sarzini - c'è una quota di persone che tende a emigrare verso i comuni limitrofi, ma questo è perché lì è più facile trovare, a prezzi più ragionevoli, abitazioni nuove e con maggiore efficienza energetica, un elemento a cui le giovani generazioni fanno sempre più attenzione». Inoltre, in parte si è ridotto il ruolo polarizzante che un tempo aveva il centro città, a causa dello spostamento del commercio verso i grossi centri commerciali periferici. Resta il fatto, comunque, che «l'idea della casa di proprietà è ancora solida nella cultura italiana: a Mestre, naturalmente, il mercato principale è quello della prima casa e non quello dell'investimento per una seconda proprietà».
La situazione è effettivamente difficile a Marghera, dove il valore delle abitazioni è sceso molto di più. Circa del 20%, in media, nel giro di circa 10 anni. «In questo caso bisogna analizzare il contesto - suggerisce Sarzini - cioè quello di un polo industriale che ha perso gran parte della funzione originale che aveva avuto nell'epoca del boom economico». L'impressione è che Marghera negli ultimi anni non abbia ricevuto la stessa attenzione di Mestre, in termini di nuovi insediamenti e investimenti.
Nel frattempo la città ha registrato una forte immigrazione da parte di famiglie straniere. «Tendono ad andare dove le case costano meno e, in molti casi, preferiscono acquistare piuttosto che pagare un affitto», rileva Sarzini. «Rispetto al passato, però, ora portano più ricchezza: un tempo inviavano in patria i soldi guadagnati», adesso le famiglie sono maggiormente stanziate e incentivano l'economia locale. Quello dell'immigrazione è un tema fortemente legato al mercato immobiliare: in molti casi, nelle zone in cui gli stranieri arrivano in massa le case perdono valore. «Riguardo agli stranieri c'è una diffusa ipocrisia - dice Sarzini -. Ci stanno bene finché sono nelle cucine dei ristoranti o ci portano il cibo a domicilio, però come vicini di casa non li vogliamo». Servirebbero, forse, politiche sociali più incisive per favorire l'inclusione ed evitare fenomeni di ghettizzazione.