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Mestre Mestre Centro / Piazzetta Alfonso Coin

La scuola sciopera e va in piazza, presidio Cobas a Mestre

Venerdì 26 famiglie, insegnati e alunni in piazzetta Coin: «Mettere nel Recovery plan la riduzione degli alunni per classe, l'aumento degli organici, e gli investimenti per l’edilizia scolastica». Prime classi a rischio a Venezia

Nel giorno dello sciopero nazionale di venerdì 26 marzo la scuola va in piazza con un presidio di insegnanti, alunni e genitori in piazzetta Coin a Mestre, guidato dai sindacati di base Cobas. Nonostante la didattica a distanza dalle elementari alle superiori si protesta per chiedere che il Recovery plan sia occasione per finanziare l'aumento dell'organico, l'assunzione stabile degli insegnanti precari, la riduzione degli alunni per classe e gli investimenti per l’edilizia scolastica, al fine di creare spazi idonei a una scuola in presenza e sicura.

«Il 26 marzo è uno sciopero non solo sindacale ma anche politico e sociale per un diverso modello di scuola», scrivono i Cobas che hanno condiviso la mobilitazione con il movimento di Priorità alla scuola, con il Coordinamento nazionale dei precari e con i coordinamenti studenteschi, coinvolgendo tutto il popolo della scuola pubblica: docenti, Ata, studenti, genitori e, in generale, cittadini. Le destinazioni dei 20 miliardi di euro previsti dal Recovery plan, che il nuovo governo si accinge a (ri)scrivere: «rischiano di allontanarci dal modello di scuola pubblica previsto dalla Costituzione. La digitalizzazione può tradursi in docenti che diventano facilitatori di un processo di apprendimento standardizzato, mentre i fondi per la ricerca e l’impresa rischiano di trasformare la scuola in un’agenzia per l’addestramento al lavoro. Serve un rilancio della scuola pubblica che deve partire dalla drammatica constatazione del degrado in cui versa».

I sindacati puntano il dito contro le chiusure: «la scuola è il primo bene sacrificabile per contenere la diffusione del contagio, indipendentemente da una valutazione del suo ruolo specifico nella riproduzione e diffusione del virus. È la logica dell’emergenza infinita che continua a produrre interventi improvvisati e contraddittori in un gioco delle parti tra governo e regioni. Si chiudono le scuole di ogni ordine e grado per mantenere aperte le attività economiche. E intanto si stanno formando le classi per il prossimo anno con i criteri della riforma Gelmini che permette "classi pollaio" fino e oltre a 30 allievi: a discapito del recupero delle carenze accumulate in questi due anni di stop and go con la didattica a distanza e a discapito della sicurezza e del distanziamento fisico in aula».

A distanza emerge un'altra urgenza per le scuole del Veneziano, in particolare del centro storico. Sono due le scuole dell'Istituto comprensivo Dante Alighieri ad avere difficoltà a costituire la prima classe: la media Calvi a Castello e la sezione Montessori alla primaria Renier Michiel. Per cercare di evitare che questo succeda il gruppo consiliare “Tutta la Città Insieme!” si è attivato confrontandosi con i cittadini e la presidente del Consiglio di istituto e presentando due interrogazioni. «Abbiamo chiesto - scrive il consigliere comunale Giovanni Andrea Martini - oltre a un incontro con la dirigente dell'Istituto comprensivo Dante Alighieri, anche di poterci confrontare con l'Ufficio scolastico regionale per valutare, assieme anche al Coordinamento dei presidenti dei consigli di istituto, se equiparare Venezia ai comuni di montagna e piccole isole, per ottenere deroghe maggiori per la formazione delle classi. Spero di avere un riscontro».

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