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Cronaca

Fiumi di coca tra Padova e Venezia, nella banda ex Mala del Brenta

Sette trafficanti arrestati dalla squadra mobile euganea. L'organizzazione importava droga dalla Spagna anche per clienti della provincia lagunare

C'è lo zampino anche della squadra mobile di Venezia, e soprattutto ci sono clienti della provincia lagunare che per rifornirsi di droga si rivolgevano a loro. I trafficanti di droga di un'organizzazione che ha visto fino ad oggi tra le sue file anche ex appartenenti alla Mala del Brenta. Sempre lei, che periodicamente torna alla ribalta nonostante gli anni di Felice Maniero siano sempre più lontani. Fatto sta che la squadra mobile di Padova (con la collaborazione come detto dei colleghi di Venezia) ha stretto le manette ai polsi a sette persone, accusate di far parte di un'organizzazione tutta italiana che importava la cocaina dalla Spagna.

Esponenti di spicco del sodalizio ex affiliati alla Mala del Brenta, ma il boss invece era un padovano mai arrestato fino ad ora. La squadra mobile euganea, coordinata dal Servizio Centrale Operativo e dalla Direzione Centrale Servizi Antidroga, ha proceduto alle catture dei principali indagati (alcuni insospettabili) e alle perquisizioni domiciliari, sequestrando ingenti somme di denaro e vario materiale utile alle indagini, che sono state ostacolate dalla prudenza del "capo" della banda, un imprenditore 50enne di Villatora di Saonara. In grado di movimentare stupefacente per dieci milioni di euro l'anno. Diversi i suoi stratagemmi per evitare guai: per le proprie comunicazioni non usava mai il telefono cellulare, cambiava spesso macchina e moto; per gli scambi di droga incontrava il suo referente nel bel mezzo del traffico all’Arcella o alla Guizza, rendendo molto difficili i pedinamenti della polizia. Il suo interlocutore in quelle occasioni, di San Giorgio delle Pertiche, era ben noto alle forze dell'ordine.

Tra i "veneziani" vecchie conoscenze dei casellari giudiziari. Per esempio c'è L.F., 59enne ex operaio di Noale, che negli anni scorsi finì già in manette a Giare di Mira per spaccio di cocaina e negli anni Novanta finì nei guai sempre per lo stesso motivo. Ai tempi di Maniero era già attivo  B.B., 60enne residente a Mestre. Quasi coetaneo del compare e di M.M., 57enne residente a Scorzè. Atro ex affiliato è S.B., 61enne di Cadoneghe, mentre in manette è fiinita anche N.V., donna 57enne di Padova.

GLI ARRESTATI. "Moto drugs" il nome dell'operazione, dal mezzo utilizzato principalmente per lo scambio, in strada, alle ore di punta, senza nemmeno fermarsi, della droga. Le indagini hanno avuto inizio un anno e mezzo fa, a seguito della notizia di ingenti forniture di cocaina da parte di pregiudicati locali anche dell'ex Mala. Le prime verifiche confermano che il traffico, principalmente nell'Alta padovana, nasce inizialmente tramite Gianni T., 57enne di San Giorgio delle Pertiche, dal lungo passato carcerario e che durante l'affidamento ai servizi sociali aveva continuato a spacciare, fino a un recente arresto da parte dei carabinieri. Al 57enne, la polizia gli ha infatti notificato quest'ultimo mandato direttamente già in carcere. Grazie ad un gps installato sulla motocicletta gli agenti avevano individuato i suoi principali clienti, che a loro volta avevano il loro giro: Silvio B., 60enne di Cadoneghe ex affiliato alla Mala; Bruno B., 60enne originario di Tribano ma residente a Mestre, nel Veneziano, ex Mala; Michele M., 58enne di Scorzè, nel Veneziano; Landolfo F., 59enne di Noale, nel Veneziano; Natascia V., 56enne originaria di Conselve e residente in centro a Padova. Tra questi e il 57enne di San Giorgio delle Pertiche c'erano contatti molto prudenti: brevi telefonate solo per darsi un appuntamento, per poi parlare di persona. Da febbraio ad agosto 2014 gli sono state riscontrate decine di cessioni di cocaina. Le indagini hanno consentito di individuare il capo, nonché fornitore del 57enne, in un insospettabile padovano di Villatora di Saonara, mai arrestato finora: Gianfilippo B., 59enne, sposato con una nomade, con figli, titolare di una ditta di import-export, probabilmente un'attività solo di "facciata". Per tutti è scattato l'arresto in carcere, ad eccezione di Bruno B., finito ai domiciliari. L'accusa è di detenzione di droga ai fini di spaccio, mentre per Gianfilippo B. anche di importazione di stupefacente.

IL CAPO: OSSESSIONATO DAI CONTROLLI. Erano anni che le forze dell'ordine cercavano di "incastrare" il 59enne di Villatora. Una sua ossessione per i controlli tecnologici e una struttura criminale compartimentata da una decina d'anni gli garantivano l'impunibilità, visto che mai i suoi sodali arrestati avevano collaborato facendo il suo nome. Tra il capo e il suo diretto acquirente da San Giorgio delle Pertiche vi erano solamente contatti visivi, a piedi o in moto, in luoghi isolati per gli ordini, mentre spesso in strada, agli orari di punta, per le consegne. Il 59enne, che viveva con un basso profilo di vita, in una bella casa sulla strada dei Vivai, imbottita di telecamere, ma senza ostentare ricchezza, si riforniva di cocaina pura all'86% direttamente dalla Spagna, vicino a Valencia, dove si è recato 13 volte in un anno. I viaggi in aereo gli servivano per commissionare l'acquisto della droga, che poi gli arrivava a destinazione tramite altri canali. Spesso nemmeno i suoi stessi familiari sapevano di queste trasferte all'estero. Curava in modo maniacale i particolari, non usando mai il suo cellulare, prendendo in prestito anche moto e auto da conoscenti inconsapevoli. La moto che utilizzava per le consegne al 57enne di San Giorgio delle Pertiche era letteralmente blindata in un garage dove lo stesso aveva creato una gabbia di Faraday che crea uno schermo elettromagnetico in grado di mettere fuori uso le microspie che la polizia era riuscita ad applicare al mezzo per intercettarlo e che il 59enne aveva più volte individuato, motivo per cui, capendo di essere braccato, è riuscito a fare in modo che i suoi depositi di stupefacente non venissero individuati dagli inquirenti. Nessun "imbosco", nonostante l'incredibile quantità di droga movimentata, è infatti stato scoperto nel corso delle perquisizioni.

BETTIN: "HANNO DISTRUTTO UNA GENERAZIONE". "Questa gente ha proseguito - commenta l'ex assessore all'Ambiente Gianfranco Bettin - oltre che in vari comparti del crimine (compreso il riciclaggio in attività “pulite”), nel business più letale e redditizio, la droga, che ha da sempre caratterizzato la loro storia. A questa banda, e alle sue diverse propaggini e metamorfosi nello spazio e nel tempo, si devono infatti la morte e la devastazione umana e sociale di migliaia e migliaia di giovani, delle loro famiglie, di interi territori. Il colpo oggi portato dalla Polizia è davvero significativo. Per di più, conferma quanto emerso da tempo e ribadito in questi giorni da notizie che vedono sia insospettabili e incensurati (figure indispensabili) sia vecchie conoscenze del crimine attivissimi nel narcotraffico, facendo della nostra area un punto cruciale di investimento in cui grossa e media intermediazione di droga, vendita d’alto bordo, spaccio di strada si incrociano con effetti pesantissimi e si riversano poi nell’investimento dei proventi nel riciclaggio (come dimostrano i sessanta immobili sequestrati ieri dalla polizia di Stato di Venezia a un altro narcotrafficante vicentino di grosso calibro). I mercanti di morte - conclude - sono più attivi che mai e si giovano anche di una diffusa distrazione dell’opinione pubblica più sensibile ad altri fenomeni di degrado, certamente pericolosi e molesti, e meno attenta a questi, di gran lunga i più devastanti per le persone e per la comunità".

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