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Cronaca Dorsoduro / Sestiere Dorsoduro, 3901

Ipab, non parte la riforma delle case di riposo: nuova protesta al Balbi

Presidio davanti alla Regione il 12 marzo. Cgil, Funzione Pubblica e Spi a 4 anni dal progetto di Legge temono l’avanzare della privatizzazione del settore

La mancata riforma degli Ipab, gli istituti pubblici di assistenza e beneficienza, a 4 anni dalla presentazione del progetto di legge, fa tornare in piazza i sindacati. Cgil, Funzione Pubblica e Spi, sigla dei pensionati, e e rappresentanti sindacali, tornano a manifestare davanti alla sede di palazzo Balbi, alla Regione, martedì 12 marzo, preoccupati «dall’avanzare della privatizzazione del settore». 

La popolazione invecchia

L’appuntamento è per le 9.30 ed è previsto un incontro tra una delegazione della Cgil e l’assessore ai Servizi Sociali della Regione Veneto, Manuela Lanzarin. I nodi da affrontare sono molti e, proprio partendo dalla riforma (di cui la Cgil chiede l’immediata calendarizzazione in Consiglio), si tratta di approdare a una ridefinizione del ruolo degli Ipab (110 in Veneto) che devono veder rafforzata la loro natura pubblica ed estendere la propria capacità di intervento nella filiera dei servizi territoriali e dell’integrazione socio sanitaria. Ciò anche a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione che comporta una maggiore domanda e pluralità di servizi.

Le rette 

Cgil intende affrontare anche altre questioni, che riguardano il personale delle strutture e le rette delle case di riposo: »l’aumento delle impegnative di residenzialità (quota di retta sostenuta dalla Regione a copertura delle prestazioni sanitarie) di cui oggi beneficia solo il 70% degli utenti (25.000 a fronte di un totale di 33.000 posti letto) e del loro importo, fermo ai livelli del 2010 e non più consono a fronte dell’evoluzione che c’è stata. Chiede anche l’incremento degli organici, dagli operatori socio sanitari fino a professionalità specifiche quali geriatri, psicologi, assistenti sociali, di cui vi è una forte carenza nelle strutture, e l’applicazione in tutto il sistema dell’assistenza (pubblico e privato) dei contratti nazionali firmati dalla organizzazioni maggiormente rappresentative per evitare, soprattutto in alcune strutture accreditate, trattamenti del personale diversi e peggiorativi».

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