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Cronaca

Studenti contro il governo Meloni nelle piazze

A Venezia come in altre venti città manifestazioni contro l’alternanza scuola-lavoro e il caro istruzione. Fronte della Gioventù Comunista: «Scuola sempre più asservita alle aziende». Studenti medi: «Difficoltà ignorate, zero diritti»

«No alla scuola dei padroni» è lo slogan lanciato dagli studenti venerdì a Venezia, città che come un'altra ventina in tutta Italia ha manifestato contro il governo Meloni e la «retorica del fiinto merito». Al centro delle proteste l’opposizione alla misura dell’alternanza scuola-lavoro e il caro istruzione. 
«Una scuola sempre più asservita alle aziende - affermano gli studenti militanti del del Fronte della Gioventù Comunista (Fgc) -. Tre di noi sono morti in un anno durante i percorsi di Pcto - ricordano - e mentre continuano a mandarci a lavorare gratis e senza nessuna tutela nelle aziende il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ci parla di merito».

«Non può esistere meritocrazia in un sistema scolastico classista, che accentua le disuguaglianze tra gli studenti nell’accesso allo studio - commenta Francesca Rosa, studentessa di liceo e militante del Fronte della Gioventù Comunista - Le nostre scuole cadono a pezzi, l’istruzione costa sempre di più, ma si pensa ad aumentare le spese militari. Questi non sono gli interessi degli studenti. Dalle piazze di oggi in tutta Italia lanciamo un messaggio chiaro al nuovo governo: soldi alla scuola, non alla guerra».

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Studenti medi

Anche la Rete degli studenti medi di Venezia, che ha accolto gli studenti del liceo Foscarini con un flash mob, ha esposto uno striscione e lanciato una fotopetizione contro il nuovo governo di destra e il ministro dell'Istruzione Valditara, già artefice della riforma dell'ex ministro Mariastella Gelmini, che ha tagliato 10 miliardi alla scuola. «Vogliamo essere i protagonisti di questa opposizione - sostiene Anastasia Galli, studentessa della rete degli studenti medi di Venezia - Davanti a un governo di estrema destra non possiamo stare fermi. Con il flash mob di oggi vogliamo che le nostre scuole diventino un luogo inclusivo e sicuro per ognuno, che la nostra voce venga veramente ascoltata e che si superi la didattica frontale. Anche l'edilizia scolastica è un problema che, dopo molti anni, lascia gli studenti in strutture fatiscenti».

Difficoltà e tagli

In contemporanea anche universitari e dottorandi hanno presidiato le sedi di Ca' Foscari e Iuav denunciando le posizioni di questo governo e della Regione in particolare, che da anni non fa nulla per tutelare il diritto allo studio di migliaia di studenti iscritti nelle università del Veneto. «Da un lato ci ritroviamo un'assessora regionale, Elena Donazzan, che ignora le difficoltà di migliaia di studenti. Nonostante l'aumento dell'importo delle borse di studio e le promesse fatte davanti al Consiglio regionale la situazione non fa altro che peggiorare per tutti noi: i fondi stanziati sono ancora totalmente insufficienti a coprire il reale bisogno di tutte e tutti noi», dice Marco Dario, studente cafoscarino dell'Udu Venezia.

Dall'altro lato, continuano gli studenti, «ci ritroviamo di fronte a un nuovo governo e a un ministero dell'università che non rispecchiano i nostri valori di eguaglianza, partecipazione e democraticità e ignorano le difficoltà economiche. L'indirizzo ci sembra quello di escludere le voci di dissenso e impedire a dei rappresentanti democraticamente eletti di svolgere il proprio ruolo, un comportamento inaccettabile». Anche l'associazione docenti e dirigenti scolastici italiani, Adi, si è unita alla petizione, denunciando la condizione precaria in cui viene lasciato il mondo della ricerca in Italia.

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Ricerca

«Lo status del dottorando deve essere equiparato a quello di un lavoratore, con tutti i diritti e obblighi che da tale status derivano - argomenta Marco Cavazza, coordinatore di Adi Venezia - Se la ricerca è un lavoro, va difesa anche al suo primo stadio di formazione, con una piena contrattualizzazione». Per quanto riguarda invece gli assegnisti di ricerca, «quasi sedici mila figure estremamente precarie fanno lezioni, esami e lavorano sui progetti. La recente riforma del pre-ruolo, pur essendo un primo passo avanti nell'impostazione, non è sufficiente e non garantisce coperture. Adi chiede un cambio di rotta: un aumento del fondo di finanziamento ordinario delle università per stabilizzare gli assegnisti di ricerca».

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