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Cronaca

Suicidi in carcere, protesta dei penalisti e della penitenziaria Fp Cgil: «Condizioni disumane»

Le camere penali in sciopero questa mattina in tutta Italia. Il sindacato di polizia venerdì non andrà alle celebrazioni per l'anniversario del corpo: «3 per cella a Venezia, rischiamo noi e i detenuti»

Nel giorno in cui gli avvocati penalisti e le Camere Penali di tutta Italia hanno tenuto una giornata di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale, per richiamare l'attenzione «sulle gravissime condizioni di sovraffollamento in cui versano le carceri italiane, sul tragico fenomeno dei suicidi in carcere, sulle disumane condizioni di vita dei detenuti e sulle difficilissime condizioni in cui si trovano ad operare agenti penitenziari, medici, psichiatri e operatori sociali», arriva anche la protesta della polizia penitenziaria della Fp Cgil del Veneto, che annuncia che non si presenterà alle celebrazioni per il 207° anniversario della nascita del corpo, in programma a Padova venerdì 22. 

Nell'annunciare «con rammarico» la protesta, il sindacato spiega che la scelta nasce dalla «crescente frustrazione nei confronti delle continue promesse non mantenute» da parte del governo. Il sindacato esprime profonda preoccupazione per l'inefficacia delle misure adottate in risposta alle aggressioni subite dal personale, «evidenziando come il trasferimento di detenuti aggressivi non risolva il problema alla radice, ma lo sposti semplicemente su altri istituti». Viene inoltre sottolineata la mancanza di azioni concrete per affrontare il problema dei suicidi tra i detenuti: sono già 25 i suicidi nelle carceri italiane nel 2024, un numero che potrebbe portare il 2024 a essere l’anno peggiore di sempre. Un trend in netto peggioramento: tra 2013 e 2016 i detenuti suicidi erano stati poco più di 40 l’anno, dal 2021 sono stati 57, 84 nel 2022, anno record, 69 l'anno scorso e, appunto, già 25 quest'anno.

Il comunicato si concentra sul sovraffollamento, al 120% a livello nazionale ma molto più grave in alcuni istituti, ad esempio nel carcere maschile di Venezia, dove i detenuti sono alloggiati in spazi estremamente ristretti, tre per cella, in un letto a castello in cui l'ultimo tocca quasi il soffitto. Una situazione che aumenta il disagio e i conflitti, che la polizia si trova a dover gestire con mezzi insufficienti. Il sindacato denuncia inoltre la pratica, in alcuni istituti, «di far svolgere al personale di polizia penitenziaria compiti educativi a causa di un'allocazione inadeguata dell'organico educativo, compromettendo la continuità dei progetti trattamentali per i detenuti». Cosa significa nel concreto, lo spiega il coordinatore Gianpietro Pegoraro: «A Venezia avevamo 4 educatori per 230 detenuti, una situazione che era diventata buona, sostenibile, si evitavano i conflitti. Altrove sono messi peggio, e quindi qualche settimana fa uno dei 4 è stato spostato, così la situazione diventa di nuovo insostenibile, è un cane che si morde la coda». Il sindacato chiede maggiore attenzione alle dotazioni organiche degli educatori, per rispettare i fabbisogni reali. «Noi dobbiamo protestare, così non si va avanti, rischiamo noi lavoratori, ogni giorno, e rischiano i detenuti, anche la vita, attraverso il suicidio» spiega Pegoraro, che chiede alle istituzioni ascolto e più visite nelle carceri.

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