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Cronaca Mestre Centro / Via Piave

Via Piave, il giorno dopo la maxi operazione dei carabinieri

Ventisette arresti, per l'Arma è l'inizio: consumo e spaccio in strada, mentre ai tavoli tecnici coordinati dalla prefettura prende forma il piano straordinario per riportare la zona alla normalità

Il giorno dopo la maxi operazione dell'Arma dei carabinieri a Mestre, che ha portato a 26 arresti per spaccio, in via Piave c'è chi consuma sostanze all'angolo di una strada e un via vai continuo di gruppi di stranieri, seduti a terra e appostati dietro ai cassonetti. Osservano e non abbassano mai lo sguardo. Sembrano non considerare le tante forze dell'ordine distribuite ovunque, tra carabinieri, poliziotti e agenti della polizia locale. Ai tavoli tecnici coordinati dalla prefettura fra forze dell'ordine, Comune, Ulss 3 e polizia locale, prende forma il piano straordinario per riportare la normalità nella zona. Intanto in via Fiume, seduto sotto all'insegna della lavanderia self service, all'angolo con via Piave, c'è un giovane molto magro seduto a terra. Ha il braccio sinistro scoperto e teso, con un laccio nero di scarpa stretto sulla parte superiore, e sta per iniettarsi il contenuto di una siringa. Si ferma solo perché sente che qualcuno gli sta parlando. Dice, quando gli viene chiesto se abbia bisogno di qualcosa, che gli servirebbe avere solo un po' più di salute. 

La storia dalla strada

Racconta dell'incidente che gli è capitato otto mesi fa. Due mesi ricoverato, la perdita del posto di lavoro (in nero dice) al Tronchetto, la mancanza di una casa, che gli è stata tolta per via della morosità e infine il marciapiede. La vita di stenti, a soli 36 anni, la cicatrice ancora visibile perché, spiega, finché non lo metteranno a posto non sarà in grado di fare nulla. La mamma è ricoverata in un centro, il padre non lo vede da quando aveva sette anni e i suoi nonni non possono aiutarlo perché sono seguiti da un amministratore di sostegno. «Certo che vorrei un'alternativa. Emergency mi avrebbe dato un posto ma servono 14 euro e non li ho. In chiesa ho domandato aiuto e mi è stato offerto un pacco di pasta. Ma dove la cucino?» Neppure al drop in di Giustizia riesce a dormire, perché quando arriva è già tutto pieno. 

I negozianti

Girato l'angolo in via Piave molti stranieri sono seduti a terra, altri sono in piedi e guardano, anche vicino al bar Al Cucciolo di via Piave. La titolare, Lucia, commenta con amarezza la notizia dei 27 arresti (26 perché nel frattempo una donna raggiunta dalla misura cautelare è morta). Per lei rispetto al giorno prima della maxi operazione di spacciatori in zona ce ne sono anche di più. Tanto che decide di andare a parlare con i carabinieri che sono di pattuglia davanati alla chiesa, a due passi dalla sua attività. «Vi ringrazio per quello che fate per noi. Ma ho ancora le stesse facce davanti alla porta. Tutti gli arresti che avete fatto, ci porteranno dei benefici?». Ieri mattina, verso le 9.30, la moglie dell'avvocato Matteo D'Angelo ha dovuto chiamare il Suem in via Carducci. Un giovane era a terra, privo di coscienza, in mezzo ai passanti. «La repressione non basta - dice l'avvocato - ecco perché non si risolve». Il legale fa parte del coordinamento della rete "Riprendiamoci la città" che con Sergio Firpo e decine di altre associazioni cittadine ha organizzato la marcia su via Piave di febbraio.

Ordine pubblico, rigenerazione, servizi

«I problemi di un senzatetto, magari consumatore, con reati e che bivacca per strada - continua - vanno spezzettati e affrontati in modo specifico. Per troppo tempo tutto è stato trattato come problema di ordine pubblico. Avevamo proposto di lavorare sul degrado perché "il brutto chiama brutto". Rigenerazione, servizi sociali, prevenzione, non solo sul versante dell'ordine pubblico perchè continuare ad agire a spot, non consente di aggredire radicalmente le criticità del quartiere». Martedì i carabinieri sono intervenuti anche su richiesta di Ernesto Rosapepe, poco distante dal bar. Uno straniero entrato nel locale, messa la mano dentro al bancone aveva afferrato delle brioche tirando uno schiaffo a una lavoratrice. Rosapepe lo ha seguito, assieme a Rahman Motiur. «Gli siamo rimasti addosso fino a quando i militari non lo hanno bloccato, chiedendogli i documenti. Era lo stesso che aveva accoltellato Motiur», il 42enne bengalese titolare del Caf al civico 109, aggredito l'anno scorso. «A creare più problemi in questo momento - dice Rosapepe - sono gli spacciatori che fanno uso di droga. Perchè perdono le staffe e causano risse». «Mi hanno chiesto se dopo gli arresti si è visto meno movimento - commenta Giampaolo Conte (amministratore pagina Facebook "E robe del quartiere Piave") - Posso solo dire che mentre venivo intervistato ieri avevo un gruppo di spacciatori appostati dietro ai cassonetti alle mie spalle».

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