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Festival del cinema di venezia

A Venezia 80 arriva "Io Capitano", un film potentissimo e necessario

Insieme a Seydou e al suo amico Moussa (interpretati alla perfezione dai giovanissimi Seydou Sarr e Moustapha Fall), ci spingiamo oltre l'orizzonte, lungo la rotta tracciata su quel mare che una volta era crocevia di tradizioni ma che oramai è sempre più teatro di morte

La realtà a volte ispira il racconto, il racconto spesso diventa cinema e il cinema, quando è fatto bene, si trasforma in magia. È il caso di Io Capitano, il nuovo film di Matteo Garrone, in concorso alla 80. Mostra del Cinema di Venezia, in cui a essere narrato è il viaggio avventuroso di due giovani, Seydou e Moussa, che lasciano Dakar, la capitale del Senegal, per raggiungere l'Europa. Un'Odissea contemporanea che non lascia indifferenti, raccontata attraverso quel raffinato linguaggio cinematografico che, negli anni, ha fatto di Garrone una delle voci più autorevoli della nuova scena italiana.

L'ultima opera del regista romano è un romanzo di formazione che emoziona, fa riflettere e commuove. Spiega l'autore che, per realizzare il film, gli sceneggiatori – tra i quali, oltre allo steso Garrone, si contano anche Massimo Ceccherini, Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri – sono partiti dalle testimonianze vere di chi ha intrapreso un viaggio come quello narrato, nel tentativo di dar voce a chi, di solito, una voce non ce l’ha. E infatti Io Capitano è prima di tutto una storia epica, che prende avvio dal sogno giovanile, forse ingenuo, di un avvenire costellato di soddisfazioni, fama e fortuna ma che, inevitabilmente, si scontra con gli ostacoli di un mondo crudele. Come un Ulisse contemporaneo, Seydou affronta le difficoltà di un paesaggio, quello africano, colmo di bellezza ma irto di pericoli, scontrandosi con il sadismo, l'avidità e l'indifferenza altrui, arrivando infine a condurre una nave piena di passeggeri oltre le onde del Mar Mediterraneo. Da segnalare che la sua storia è stata ispirata dalla vicenda di un minorenne che era riuscito a portare in salvo centinaia di persone su un’imbarcazione partita dalla Libia. L'aderenza alla realtà è infatti una caratteristica dei film di Garrone, che tuttavia non snobba l'inserimento di elementi magici utili a immergere lo spettatore negli stati d'animo dei protagonisti.

Prima di essere bellissimo, Io Capitano è un film difficile, a partire dalla scelta di costruire gran parte dei dialoghi in lingua wolof, l'idioma parlato in Senegal. In secondo luogo, il tema della migrazione è quanto mai 'caldo', spesso raccontato con superficialità da chi lo strumentalizza per il proprio tornaconto, personale o politico che sia. L'umanità, di cui troppo spesso l'Occidente si dimentica, è il focus principale del film. Ecco perché, prima ancora di essere difficile, Io Capitano è un film necessario. 

Raccontare il tema dalle migrazioni attraverso il cinema è sempre stato arduo poiché si rischia di rimanere imprigionati nella retorica e nella superficiale compassione, quella stessa compassione che talvolta nasconde sentimenti di superiorità. Dimenticate tutto ciò, perché nell'opera di Garrone a essere protagonista è la realtà, mostrata in tutte le sue sfaccettature, senza voler risparmiare sequenze dolorose ma, non per questo, crogiolandosi nel facile voyeurismo. Proprio per tale motivo Io Capitano è un'opera potentissima, semplice ma estremamente efficace, complice anche un comparto musicale coinvolgente (la colonna sonora, edita da Sony Music Publishing, porta la firma di Andrea Farri e contiene anche quattro canzoni inedite cantate in lingua senegalese proprio dai due protagonisti), e un gusto fotografico raffinatissimo (azzeccata la scelta di desaturare le immagini man mano che i due protagonisti si allontanano da casa).

Il capitano coraggioso Seydou, oltre a essere un nuovo Ulisse, è un moderno Pinocchio che, nel tentativo di essere notato – quindi di esistere e sentirsi reale –, intraprende un viaggio per la vita, nonostante l'incontro/scontro con gli odierni 'gatti e volpi', individui capaci di sotterrare l'empatia sotto il peso della cupidigia. Non vediamo come prosegue la sua storia né come verrà accolto da quell'Italia che rimane appena visibile sullo sfondo. Non sappiamo se il protagonista, una volta giunto nel Belpaese, verrà accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato per cui oggi si rischia fino a trent’anni di carcere. Non sappiamo come andrà a finire ma, nel breve e intenso momento che segue l'avvistamento della terra promessa, urliamo e piangiamo con lui, partecipi della sua gratificazione.

Insieme a Seydou e al suo amico Moussa (interpretati alla perfezione dai giovanissimi Seydou Sarr e Moustapha Fall), ci spingiamo oltre l'orizzonte, lungo la rotta tracciata su quel mare che una volta era crocevia di tradizioni, sinonimo di scambio e commercio, ma che oramai è sempre più teatro di morte. Una morte molto spesso sminuita, troppo frequentemente ignorata. Io capitano è un film che dovremmo vedere tutti e tutte, per ricordarci che l'umanità non dovrebbe mai affogare nel mare dell'indifferenza. 

Voto: 9

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