Uzbekistan: avanguardia nel deserto. Da aprile la mostra a Ca' Foscari
Dal 17 aprile apre al pubblico, nella sede di Ca’ Foscari Esposizioni a Venezia, la mostra “Uzbekistan. L’Avanguardia nel deserto”. La mostra presenta per la prima volta al pubblico italiano una pagina straordinaria e ancora poco nota dell’arte della prima metà del XX sec. Il progetto espositivo è promosso e sostenuto dalla Fondazione Uzbekistan Cultura ed è curato da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, direttori del Centro Studi sull’Arte Russa dell’Università Ca’ Foscari Venezia, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico internazionale. Mette insieme, in un arco cronologico dalla fine dell’Ottocento al 1945, circa 100 opere (soprattutto dipinti su tela e su carta, cui si aggiungono emblematici reperti della tradizione tessile uzbeka) provenienti dal Museo Nazionale di Tashkent e dal Museo Savitsky di Nukus.
La mostra
Si tratta di un'esposizione ambiziosa, la prima a stabilire delle precise relazioni tra le due più importanti raccolte d’arte del Novecento presenti in Uzbekistan: ma non è l’unica novità della mostra. Finora si era pensato infatti alle opere e agli artisti anche più innovativi che lavorano in Centro Asia nel terzo e quarto decennio del Novecento come a una declinazione periferica e marginale della grande svolta operata nelle capitali russe dal 1898 al 1922 da una straordinaria generazione di artisti (Fal’k, Kandinskij, Ekster, Lentulov, Rod?enko ecc.). Ciò che invece si potrà osservare è la genesi e il successivo sviluppo di una autentica scuola nazionale, di una “Avanguardia Orientalis” unica. Un risultato straordinario, secondo gli organizzatori, che è stato possibile ottenere solo affiancando la raccolta del Museo Nazionale di Tashkent (dove già all’inizio degli anni ’20 erano presenti importanti capolavori dell’Avanguardia russa, tra cui 4 opere di Kandinskij) con quella di Nukus.
La mostra presenta come sottotitolo “La forma e il simbolo”. Il primo termine rinvia all’influenza esercitata sulla pittura del Centro Asia dall’Avanguardia storica russa mediante le opere in parte inviate a Tashkent, in altra parte raccolte a Nukus: una selezione di segni di straordinaria qualità, mai in precedenza inviati fuori dei confini dell’Uzbekistan, tra cui 4 opere di Kandinskij (due olii e due disegni su carta): Lentulov, Maškov, Popova, Rod?enko, Rozanova sono solo alcuni dei protagonisti di uno scenario, quello della nascita dell’astrattismo, da tempo riconosciuto come uno dei fondamenti dell’arte mondiale del Novecento. A queste si aggiunge un’ampia selezione di opere dell’Avanguardia Orientalis. Sono l’esito di un dialogo culturale e artistico profondissimo: da una parte le secolari tradizioni delle sete sfavillanti e la raffinata palette delle decorazioni architettoniche; dall’altra l’esigenza non più rinviabile di un codice pittorico nuovo, mai in precedenza sperimentato nell’Oriente islamico. Si tratta di un dialogo interculturale, che mette insieme artisti uzbeki, kazaki, armeni, russi d’Oriente, siberiani, quasi tutti formatisi a Mosca e a Pietrogrado, ma tutti radicati in una terra in cui scelgono di vivere e lavorare. L’Avanguardia Orientalis è pertanto un’Avanguardia inclusiva, di confronto e collaborazioni, di incontri e di comuni ascendenze.
È una storia spesso avventurosa, che la mostra di Venezia ha scelto di declinare ponendo su un piano di pari dignità i segni pittorici e grafici e quelli delle arti applicate, con una selezione di manufatti tessili che da una parte rivelano insospettabili consonanze con le moderne frontiere dell’arte, e insieme trasmettono, dall’altra, un patrimonio culturale profondamente simbolico, legato ad antichi culti e a pratiche millenarie.
Chi era Igor Savickij
La mostra vede al centro la figura di Igor Savickij, e ha tra i suoi obiettivi anche quello di far conoscere a un pubblico di non solo addetti ai lavori una personalità essenziale per preservare e tramandare molti aspetti, non solo dell’arte del XX secolo, ma del complessivo patrimonio culturale dell’Uzbekistan. A lui si deve, nel bel mezzo del deserto nel Karakalpakstan, nella parte nord-occidentale dell'Uzbekistan, la costituzione di una delle più grandi collezioni di arte d'Avanguardia sovietica nel mondo, seconda in termini di quantità solo a quella del Museo Russo di San Pietroburgo, e pressoché unica testimonianza di uno dei più importanti movimenti artistici della storia russa e sovietica del XX sec. Archeologo di formazione, pittore per diletto e talento, collezionista per felice ossessione, dalla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’70 del ‘900 Savickij ha raccolto a Nukus migliaia di reperti archeologici e manufatti di artigianato e arte popolare della regione, affiancandoli col tempo ad altre molte migliaia di dipinti e di fogli di grafica provenienti dall’Uzbekistan e dall’Unione Sovietica. Savickij ha viaggiato senza sosta per raccogliere migliaia di opere d’arte che nel frattempo erano ormai scomparse anche dall’orizzonte e dalla memoria degli studi: ha fatto rivivere nel deserto di Nukus le radici dell’arte moderna in Uzbekistan. Una concezione attualissima di “museo sintetico”, che la mostra riprende e ragiona nell’ampio catalogo edito da Electa, come pure nella disposizione delle opere e nell’originale allestimento multimediale veneziano.
La mostra si potrà visitare, dal 17 aprile al 29 settembre, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18 (lunedì chiuso).