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Eni chiude il cracking di Porto Marghera, Pd: «Descalzi riferisca alla Camera»

Pellicani: «È conferma della progressiva uscita dalla chimica del nostro Paese. Il sito è ideale per la green economy e la transizione ecologica del Next generation Eu, ma servono progetti concreti e risorse»

L'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ha incontrato il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, la settimana scorsa, comunicandogli la chiusura del cracking e dell'impianto aromatici del sito industriale di Porto Marghera nella primavera del prossimo anno. Quindi il responsabile delle risorse umane di Versalis, Davide Calabrò, e per Eni il dirigente Bruno Serra, lo hanno confermato alle sigle sindacali dei chimici veneziani, Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil che hanno chiesto alla società di dettagliare in un prossimo incontro i progetti di transizione al green e di riassorbimento puntuale della manodopera impiegata direttamente negli impianti: 400 persone a Venezia. 

Per l'onorevole veneziano del Partito Democratico, Nicola Pellicani, « la chiusura del cracking è la conferma della progressiva uscita dalla chimica del nostro Paese», chiedendo un’audizione urgente alla Camera dell’ad di Eni Claudio Descalzi. «Un fatto - ha continuato Pellicani - destinato ad incidere in modo profondo sui petrolchimici di Ferrara e Mantova. Un effetto domino che riguarda migliaia di posti di lavoro tra diretti e indiretti. Ho presentato un’interrogazione per chiedere al governo garanzie sul futuro industriale di Porto Marghera e sulla svolta green, da troppo tempo annunciata da Eni, senza che a questa siano seguiti fatti».

A fronte della chiusura del cracking, Eni ha parlato di una serie di interventi nell’ottica della sostenibilità e dell’economia circolare, ma non ancora realizzati, sebbene Descalzi abbia definito Marghera “un sito strategico”. In precedenza erano stati annunciati il potenziamento del parco serbatoi e logistico, lo sviluppo del progetto green refining per la  produzione di idrogeno (già presentato nel 2012); il fuel gassosi, il deposito criogenico (presentato nel 2012); il progetto Waste to fuel (di Eni Rewind in collaborazione con Veritas per la costruzione di un impianto con un investimento di 80 milioni che produrrà bio-carburanti, bio-olio, a basso tenore di zolfo, e idrogeno dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, Forsu), l'impianto per la produzione di alcool isopropilico, oltre allo studio per una piattaforma sul riciclo plastiche. Parte di questi investimenti sono in fase di studio e non si prevede la messa in funzione prima del 2024. Finora è stata riconvertita la bio-raffineria che ora produce bio-diesel e occupa circa 200 dipendenti (più 200 nell'indotto) con un investimento di 500 milioni di euro.

«Porto Marghera - ha ricordato Pellicani - rappresenta una zona industriale di oltre duemila ettari, dove nel corso del Novecento si è sviluppato un polo petrolchimico tra i più grandi d’Europa. Molte delle produzioni sono state dismesse lasciando terreni inquinati che ora devono essere bonificati, ed è il luogo ideale dove investire nella green economy e compiere la transizione ecologica che è al centro del Next generation Eu, ma servono progetti concreti e risorse adeguate. Stupisce inoltre il cambio repentino di strategia di Eni che solo a metà 2019 aveva presentato un piano di investimento di 168 milioni in quattro anni destinato a migliorare la sicurezza e l’impatto ambientale del cracking. In poco tempo ha cambiato idea senza però chiarire in dettaglio quale futuro industriale intende assegnare a Porto Marghera, dove l’azienda statale svolge un ruolo centrale da decenni: indicare le strategie industriali future di Marghera, significa capire quali politiche industriali intende praticare nel Paese».

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