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Festival della Politica / Mestre Centro

Pienone al Toniolo per il dibattito di sabato, con focus sul nuovo governo

Oltre 700 spettatori hanno assistito al dialogo tra Massimo Cacciari, Marco Damilano, Ilvo Diamanti e Nicola Pellicani. Domenica è l'ultimo giorno del Festival della Politica

Teatro Toniolo strapieno per il dibattito di sabato sera tra Massimo Cacciari, Marco Damilano e Ilvo Diamanti, animato da Nicola Pellicani, all'interno del programma del Festival della Politica di Mestre. Platea e galleria hanno registrato il tutto esaurito (per oltre 700 posti a sedere) e molte persone non sono riuscite a entrare. Oggi, domenica 23 ottobre, si svolgono gli ultimi incontri di questa undicesima edizione che per la prima volta ha ospitato i dibattiti al coperto, tra M9 e Toniolo.

Il successo riscosso fin qui dimostra, secondo l'organizzazione, «un grande interesse per i temi non facili affrontati da questa edizione: il cambiamento climatico, le sfide politiche dell’Europa, la guerra in Ucraina e la nuova situazione politica del Paese. Un segno che, anche in momento di crisi economica e di alte percentuali di astensione alle elezioni, quando la politica è affrontata in modo serio e approfondito, al di fuori di polemiche e luoghi comuni, è capace di appassionare e interessare le persone».

Il dibattito di sabato

Per una sera, dunque, il teatro della città si è trasformato in un'agorà della riflessione democratica: si è discusso dell'attualità, ma sempre in rapporto ai maggiori temi dell’analisi politica, a partire dalla crisi della democrazia e della rappresentanza. «È stata un'occasione per riflettere sulla crisi dell'oggi e sulle opportunità per il futuro - dichiara il direttore Pellicani -. La politica si fa così, tra la gente, con l'aiuto e il sostegno di volontari e appassionati che rendono possibili momenti come questi». L'incontro, peraltro, ha seguito di poche ore l’annuncio della nuova compagine di governo, e inevitabilmente da qui è partita la riflessione dei relatori. «Sul nuovo governo anzitutto le mie impressioni da cronista», ha esordito Marco Damilano. «È un governo in grigio, in cui molte figure ministeriali sono scolorite. La gaffe dello scambio tra i due ministri ci racconta di una compagine composta con le vecchie regole del manuale Cencelli. La novità è tutta concentrata nella figura della premier: donna, giovane e con una storia molto marcata di cui non ha rinnegato assolutamente nulla».

La riflessione di Damilano si è poi allargata a una lettura più di prospettiva. «Qualcuno negli ultimi anni ha pensato di fare dell’Italia il laboratorio di un tipo di democrazia che oggi vediamo realizzata in certi Paesi dell’Europa orientale: una democrazia come forma, ma non come sostanza. Una democrazia del voto ma non dei corpi intermedi, della stampa, della vivacità dell’opposizione. Sarà interessante valutare il governo Meloni dentro questo contesto, capire se ci si allontana da questo progetto, che tra il 2016 e il 2021 era molto visibile, oppure se si resta al suo interno, cosa che rappresenterebbe uno spartiacque drammatico per il nostro Paese, lo spartiacque di una nuova destra estrema».

Dalle percentuali del voto è partita invece la considerazione di Ilvo Diamanti: «Un trionfo il 26%? Su queste percentuali di partecipazione? Nella Prima Repubblica sarebbero state percentuali per nulla esaltanti». Un’osservazione sui numeri elettorali che ha permesso a Diamanti di sviluppare un ragionamento sullo stato della nostra democrazia: «Il punto è che non capiamo nulla se continuiamo a ragionare con categorie obsolete. I partiti oramai sono un participio passato: sono davvero partiti. Contano solo i capi, e il consenso è tutto al capo più capace di comunicare. Da anni abbiamo accettato di essere una repubblica presidenziale preterintenzionale. Una democrazia del capo».

Massimo Cacciari ha ridimensionato il valore storico della vittoria delle destre alle ultime elezioni: «Mi appassiona pochissimo l'analisi di questo voto, perché era un esito scontato. Se a una partita di tennis uno ci va per giocare a calcetto, perde. La vittoria di Meloni può essere diecimila volte una vittoria di Pirro: movimenti di opinione in una situazione generale di declino dei partiti. L'unico trend stabile è il declino dell'area Pd, tutto il resto sono voti che vanno e vengono, come con Renzi e i 5 Stelle». Da qui, l’analisi di Cacciari si è poi concentrata tutta sulla crisi della sinistra, offrendone una lettura di prospettiva sull’ultimo ventennio: «Guardiamo al recente passato: c'erano strategie per la sinistra, in politica estera c'era la prospettiva di creare una casa comune dell'Europa, c'era il tema di costruire un nuovo welfare. Poi è stata una debacle culturale e politica: si è affermata una visione delle cose del tutto subalterna. Era da meravigliarsi che alla fine vincesse la destra destra? In politica se c'è un vuoto viene riempito».

Raccogliendo e facendo sintesi degli stimoli offerti dai relatori, Nicola Pellicani ha ragionato sulle motivazioni profonde della sconfitta del centro-sinistra alle ultime elezioni, e sul lavoro che oggi attende questa area politica.

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