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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cultura Santa Croce

Il MAO di Venezia, il più antico museo nazionale d'Arte Orientale d'Italia

A Ca' Pesaro dal 1928 si trova una delle più ricche collezioni d'arte e cultura giapponese del Paese, e capolavori dalla Cina all'India. Un piccolo tesoro da scoprire

Non chiamatelo "l'altra Ca' Pesaro", seppur la collocazione all'ultimo piano del palazzo che ospitava (e ospita) la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Venezia e i capolavori delle Biennali del passato, ha segnato la storia del Museo e segna anche il suo presente. Ma il Museo Nazionale d'Arte orientale di Venezia (o Maov) merita una visita a sé stante: diversa è la collezione, diversa è la storia, che il destino volle intrecciare a quella del palazzo seicentesco divenuto pochi decenni prima museo civico. 

Capolavori giapponesi, soprattutto, armi e oggetti di vita quotidiana, corredi, ma anche oggetti che provengono da altre parti dell'estremo Oriente, per arrivare fino al sud est asiatico e all'India. 

Il museo

La collezione del Museo d’Arte Orientale di Venezia - che, non tragga in inganno il nome, è un museo che raccoglie vari esempi di cultura materiale, fuori dall'idea occidentale di "arte" - comprende gran parte delle opere acquistate da Enrico di Borbone, figlio di Carlo III di Parma e appassionati viaggiatore, negli ultimi decenni del XIX secolo, durante il suo viaggio in Estremo Oriente (1887-1889), oltre ad altri oggetti appartenenti alla famiglia. Allestita inizialmente al secondo piano di Palazzo Vendramin Calergi, di sua proprietà, dopo la morte fu venduta, nel 1907, alla ditta austriaca Trau che ne iniziò la vendita pezzo a pezzo, sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Ma dopo il conflitto la raccolta, o meglio ciò che ne rimaneva, fu incamerata dallo Stato italiano in conto riparazione danni di guerra: migliaia e migliaia di pezzi, che ne fanno una delle maggiori raccolte di arte giapponese del periodo Edo (1600-1868) in tutta Europa.
Serviva uno spazio, e fu individuato quello di Ca' Pesaro, di proprietà comunale. Lì, all’ultimo piano, tra il 1925 e il 1928, il direttore della galleria Nino Barbantini allestì quello che divenne il primo Museo d’Arte Orientale statale in Italia. Nonostante alcuni interventi, lì e rimasto (seppur esista un progetto per spostarlo nell'ex chiesa di San Gregorio), e alcune delle sale sono ancora allestite come Brabantini le aveva volute. 

La collezione

Nelle sette sale dedicate al Giappone troviamo armi ed armature da parata appartenute ai signori feudali del Periodo Edo (1603-1868, dal nome della capitale, Edo, l’odierna Tokyo), quello in cui il Giappone scelse di isolarsi dal mondo sviluppando una storia e una cultura autonoma. Si entra tra due ali di "katane" e armi. Tra le opere in mostra selle e staffe in lacca, una rara portantina per dama, dipinti su carta e seta, abiti in seta dai preziosi ricami. Due sale sono dedicate a oggetti in lacca provenienti da corredi di nozze di ricche famiglie aristocratiche realizzati con la tecnica del makie, la lacca dorata. Poi strumenti musicali, realizzati artigianalmente, che diventano pezzi artistici usati per l’esecuzione dei principali generi di musica tradizionale giapponese. Le opere appartengono prevalentemente al Periodo Edo o Tokugawa, dal nome della casata di shogun (sorta di dittatori militari) che resse le sorti del paese per oltre duecentocinquanta anni, caratterizzato appunto da un quasi completo isolamento. Non mancano opere più antiche, come una coppia di statue lignee del periodo Kamakura (1185-1333), o lame del periodo Muromachi (1392-1568).

Non solo Giappone, seppur sia certo la parte più ricca della collezione. La sezione cinese espone giade e porcellane di diverse manifatture e un prezioso rotolo dipinto, ma anche una rara scacchiera. Nella sala dedicata al sudest asiatico si trovano argenti e porcellane thailandesi, manufatti in lacca birmana, rari kris, tessuti batik e marionette in cuoio usate per il "wayang", il teatro delle ombre indonesiano. Alcune opere della collezione sono esposte a rotazione, attraverso mostre temporanee, mentre altre come xilografie, altari buddhisti, vesti e dipinti cinesi e giapponesi o mobili, sono collocate in deposito per motivi conservativi e di spazio.

La visita

Il museo è visitabile tutti i giorni, dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18 (da novembre a marzo dalle 10 alle 17). Nonostante sia un museo statale, si entra solo con il biglietto cumulativo di Ca' Pesaro, che comprende anche la Galleria Nazionale d'Arte Contemporanea collocata nei piani sottostanti: valgono quindi le gratuità dei Musei Civici di Venezia, come quelle per i residenti. Ma allo stesso tempo valgono le gratuità riservate ai musei statali, come quella della prima domenica del mese. La visita richiede circa un'ora (di più per gli appassionati e i conoscitori del settore), ma non ve ne pentirete. Come usuale per questo genere di musei in Italia, le didascalie e la pannellistica sono in italiano e in inglese (qualcuna in francese), non nelle lingue dei paesi d'origine della collezione.

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