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Concerti San Marco / Campo San Fantin, 1965

Il "folletto" Sinead O'Connor trova la propria rinascita a La Fenice

La cantante martedì sera, dopo i tanti problemi che hanno costellato la sua vita privata, è riuscita ad ammaliare il pubblico del teatro veneziano

Sinead O'Connor è il folletto di sempre. Nonostante i matrimoni e i divorzi lampo. Nonostante i disturbi bipolari che l'hanno costretta a cancellare il proprio tour 2012. Compare e scompare nella favole del bosco di gnomi che é la scena musicale, come ci ha abituato nel suo navigato mestiere di artista ribelle. Non è pentita, al contrario cerca sempre di graffiare, di colpire, ma con la saggezza degli ormai otto lustri di età raggiunti. E' bastato il tempo, al teatro La Fenice di Venezia di calare "la puntina" sul primo brano e ci si è sentiti subito immersi in un'atmosfera particolare diversa e al tempo stesso fascinosa.


Forse, non a caso, la scelta di aprire il live con "Queen of Denmark", scritto dall'americano John Grant (volevo cambiare il mondo - ma non riuscivo a cambiare le mutande). Un brano che forse l'artista irlandese canta più a se stessa che al mondo che la circonda. Sinead ha scandito le parole del pezzo duramente e i 700 presenti al teatro veneziano hanno capito subito la caratura del personaggio sul palco, che indossava il solito grande crocefisso al collo, vestita di nero. Ma è con '4th at the wine' (pezzo come il precedente preso dal suo ultimo album del 2012) che si é accelerato il suono, in sintonia con le illusioni poetiche rivestite con i ritmi serrati del rock con le sue universalità che hanno travalicato, in alcune sequenze, nella pop-ballad ('Reason with me' e 'Last day').

Coerente e quadrata al costo di non essere alla moda, Sinead si è presentata assertore di una musica talvolta "ossessiva" ('Fire on baby'), carica di momenti riff e arrangiamenti liquidi e sospesi che hanno fatto il paio - e il contrasto - con una strumentazione essenziale ('Back were you belong'). Gli anni passano ma quella di Sinead e ancora una voce calda, coinvolgente, impegnata a raccontare piccole storie di vita vissuta, delle sconfitte nervose messe in una sorta di diario musicale che l'artista ha permesso al suo pubblico di sbirciare, senza vergognarsi dei suoi fallimenti e ossessioni.

Non è forse un caso che Sinead O'Connor abbia scelto il teatro veneziano per la sua rinascita musicale (e non solo) filtrata sempre dalla sua forte personalità, regalando poco più di un'ora e mezza di umori in note e trovando il suo vertice espressivo a una delle sue prime esperienze, quel 'Nothing compares 2 you' cantata con lo stesso sguardo tormentato con il quale conquistò vent'anno fa il mondo, ma rielaborato in una fluttuante ballad. Pezzo preceduto da una magistrale 'I'm streched on you' eseguita con la voce asciutta, diretta come unico strumento. Si è ripetuta poco dopo con lo stesso schema interpretativo per 'In this heart' con una sola variante: alla sua voce si sono unite quelle dei cinque musicisti della band.

Il concerto, nel finale, è andato in crescendo, e sono stati rispolverati schemi e idee care a Sinead che ha sintetizzato il suo credo con 'The glory of jay'. Sinead O'Connor ha dimostrato così, senza fronzoli, di possedere il fascino delle cose fatte con arte e semplicità. Esse sono poco luccicanti ma accurate nei dettagli. Proprio come gli ultimi artigiani. Il 7 aprile si replica a Roma. (Ansa)

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