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"Me so fato un mazzo tanto", ma cosa significa (letteralmente) farsi il mazzo?

L'origine di questo modo di dire usato in tutta Italia che significa aver lavorato duramente

Quante volte, streamati e stanchi dopo aver lavorato duramente abbaimo esclamato: "Mi sono fatto un mazzo tanto" o, in veneziano "Me so fato un mazzo cussì". Quest'espressione, comunissima nel parlato di tutta Italia, sta, infatti, a indicare uno sforzo molto grande, un lavoro impegnativo fisico o mentale che ci ha portato quasi allo stremo. Oggi, questa frase, viene detta continuamente, soprattutto quando si vuole specificare che si è lavorato più duramente dei propri colleghi e che proprio a causa di quel "mazzo tanto" ci si merita una promozione o un aumento di stipendio oppure un 30 e lode all'università. Ma ci siamo mai chiesti da dove deriva questo modo di dire. Perché l'impegno viene misurato in mazzi? Cos'è, appunto, questo mazzo di cui parliamo sempre ma di cui non ci chiediamo mai l'origine? Scopriamolo insieme. 

Quando si parla di mazzi dobbiamo fare un salto indietro nel tempo a quando a Venezia c'era l'anica arte delle impiraresse, ciosè le donne che facevano come lavoro l'impirar, cioè l'infilare una dopo l'altra piccole perle di vetro dentro un filo si lino o cotone per creare fili di perle che, raggruppati, formavano quello che veniva generalmente chiamato mazzo.

Questo mestiere era esclusivamente femminile e il guadagno era proporzionale al numero di perle impirare al giorno quindi più grande era il mazzo di fili di perle, maggiore era il guadagno per le impiraresse. Da qui, farsi il mazzo, cioè lavorare duro per poter guadagnare tanto. 

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