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Covid grave e tracheotomia, l’Angelo scopre quando l’intervento salva la vita

In terapia intensiva la manovra chirurgica contribuisce a guarire un Covid grave su quattro

L’ospedale dell’Angelo definisce quando la tracheotomia può salvare la vita al malato Covid grave. L’approfondimento scientifico è stato pubblicato sull’European archives of Oto-rhino-laryngology, con il titolo «Tracheotomia elettiva durante l’epidemia di Covid 19: a chi, quando, come? Prime esperienze da Venezia». Si tratta di uno studio retrospettivo riguardo l’utilizzo di una procedura, la tracheotomia, che prima veniva effettuata in tutt’altre occasioni, non per agire nei confronti di una patologia infettiva. La pubblicazione scientifica sostiene e sottolinea l’efficacia della tracheotomia tardiva nel trattamento del paziente Covid grave. Gli autori sono Roberto Spinato, coordinatore della rete di otorinolaringoiatria della provincia e Doriano Politi, primario di Otorinolaringoiatria di Mestre e Venezia, insieme a Tiziana Volo, Paola Stritoni e Bruno Zennaro dell’équipe di Otorinolaringoiatria dell’Angelo.

Più della metà dei pazienti sottoposti a tracheotomia sono guariti

Con l’avvento del Covid, nell’ultimo anno all’ospedale dell’Angelo le tracheotomie sono aumentate del 70 per cento. Tutte quelle del 2020 sono state effettuate come estrema ratio per salvare i malati gravi di Coronavirus, contribuendo alla guarigione di un malato su quattro. Della cinquantina di pazienti transitati nella Rianimazione dell’Angelo durante la prima ondata epidemica, 23 (dai quaranta agli ottant’anni d’età) sono stati sottoposti all’intervento di tracheotomia. Di questi 23, più della metà, 12, sono poi guariti. 

Quando si fa la tracheotomia nei casi Covid?

La tracheotomia viene eseguita nei casi più gravi di insufficienza respiratoria, che hanno già necessità di essere ventilati in terapia intensiva. Se i parametri lo consentono, il paziente già intubato viene tracheotomizzato per facilitare la ventilazione. La tracheotomia è una manovra chirurgica fatta sulla trachea attraverso un’incisione e il successivo collocamento di una cannula che permette il passaggio dell’aria ai polmoni e viceversa. «I primi giorni in cui i pazienti arrivavano in terapia intensiva sono stati decisivi per noi otorini - ricorda Volo  -. Non sapevamo che malattia avevamo di fronte e quindi se, e soprattutto quando, fosse più giusto arrivare alla tracheotomia. C’era la volontà di capire a tutti i costi come procedere. Osservando alcune esperienze in altri ospedali italiani, sembrava che facendo subito la tracheotomia si potessero liberare e alleggerire le terapie intensive, la tracheotomia precoce non era efficace come si sperava».

I consigli dalla Cina

Così la squadra dell’Otorinolaringoiatria mestrina decide di chiamare anche il professor Hui Yang, direttore di Otorinolaringoiatria del West China Hospital (Sichuan University) per capire come, e se, in Cina, la procedura della tracheotomia avesse dato dei risultati nei pazienti gravi affetti da Coronavirus. »Lui ci ha risposto che non andava fatta subito - dice Volo -, ma era necessario attendere almeno 14 giorni». È il superamento di quei 15 giorni a decretare, infatti, se il paziente può avere una chance o meno di sopravvivere.

Il successo della tracheotomia tardiva

Prevenendo le raccomandazioni di tutte le società, gli otorini dell’ospedale dell’Angelo hanno deciso di procedere con la tracheotomia nei casi molto gravi, aspettando almeno 14 giorni dall’insorgere dell’infezione da Covid 19. Il risultato? Molti pazienti hanno lasciato la terapia intensiva per essere trasferiti nel maxireparto Covid dell’Angelo, in miglioramento. Sono stati in 12 a guarire, alle quali se ne sono aggiunte 10 fatte nel corso di questa seconda ondata epidemica.

Da sinistra Roberto Spinato e Doriano Politi

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