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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Oggi la commemorazione del commissario Alfredo Albanese, ucciso dalle Brigate Rosse

Il prefetto: «In 42 anni non abbiamo mai smesso di ricordare chi era, quello che ha fatto e quali sono state le ragioni che hanno portato a questa tragedia»

«Un poliziotto che faceva il suo dovere nel miglior modo possibile, come un soldato. Preciso, meticoloso. Sacrificava tutto per il lavoro». Con queste parole stamattina il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto ha ricordato Alfredo Albanese, vice-questore aggiunto della polizia di Stato che il 12 maggio del 1980 fu assassinato a Mestre da un commando delle Brigate Rosse.

Come ogni anno città, istituzioni e forze dell'ordine hanno voluto ricordarlo con una cerimonia svolta in prossimità del cippo commemorativo tra via Rielta e via Comelico, dove fu ucciso. «In 42 anni non abbiamo mai smesso di ricordare chi era, quello che ha fatto e quali sono state le ragioni che hanno portato a questa tragedia - ha proseguito Zappalorto, che ha sottolineato il senso della cerimonia utile a trasmettere ai posteri i valori per cui l'uomo si è sacrificato -. È stato assassinato perché faceva il proprio dovere, che significa in alcuni casi anche esporsi al rischio della vita, come in quegli anni è successo anche a magistrati, giornalisti, professori universitari. Le Brigate Rosse colpivano i più bravi».

Al momento di ricordo si sono uniti alcuni colleghi di Albanese, che lo avevano conosciuto e hanno voluto rendere la propria testimonianza sulla sua figura: Sergio Pane, Enzo Margagliotti, Augusto Renda e Antonio Palmosi. Tra loro anche Stefania Chinellato, sovrintendente capo della Polizia, che ai tempi dell'omicidio era un'adolescente, studentessa a Mestre. Trovatasi per mero caso in via Rielta pochi minuti dopo l'episodio e influenzata dal nobile esempio di Albanese, ha scelto poi di dedicare la propria vita per la stessa causa. «Ancora una volta gli uomini delle istituzioni e la gente hanno sentito l'impegno morale di ricordare mio marito e proporlo come esempio di vita vissuta in difesa delle istituzioni democratiche», le parole della moglie Teresa Albanese, collegata in videoconferenza per motivi di salute, la quale ha definito il defunto coniuge "martire laico della Repubblica italiana". 

Infine le parole di commemorazione del questore Maurizio Masciopinto: «Le testimonianze di oggi raccontano la forza di un sentimento, non una mera rievocazione, ma l'affermazione del rispetto per lo Stato e le istituzioni. La nostra azione non deve finire qui, serve raccontare questa storia perché vogliamo dimostrare che le emozioni di quel tempo sono ancora vive. Oggi il senso del dovere sta diventando una chimera, invece deve essere la normalità per chi ricopre ruoli istituzionali. Non abituiamo le giovani generazioni a un contesto sociale in cui prevale la mediocrità. L'eccellenza deve essere la normalità, Albanese deve rappresentare un faro per i giovani del futuro».

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