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Economia Porto Marghera

Il cracking di Porto Marghera si ferma, le reazioni

Sambo: «Occasione di riconversione green con il Recovery plan». Bettin: «Va avviato il cambiamento sostenibile e compatibile con l'occupazione». Lettera del sindacato: «Noi amareggiati, da un anno Eni parlava di fermata ma per manutenzione»

Le reazioni alla chiusura degli impianti chimici del cracking e degli aromatici a Porto Marghera non si sono fatte attendere. Il sito industriale è nel mirino da anni per la strategicità delle produzioni, per il lavoro e la riconversione necessaria al rispetto dei parametri europei sulla sostenibilità sociale, economica e ambientale. 

I nuovi investimenti

«Potrebbe essere una buona notizia, quella annunciata da Eni Versalis, che prevede la riconversione in chiave “green” del cracking di Marghera, uno dei più vetusti impianti del polo chimico, soggetto a ripetuti guasti e fuori servizio, e tuttavia strategico negli attuali assetti della chimica italiana (che occupa a Marghera circa 400 dipendenti) - afferma il consigliere comunale Verde e Progressista Gianfranco Bettin -. In realtà, è un annuncio ancora generico, che sembra dire con chiarezza soltanto che a marzo 2022 l’impianto verrà chiuso senza specificare tempi e modi dei nuovi investimenti in chiave “verde” e sostenibile (con il passaggio dall’uso di fonti fossili come petrolio e virgin nafta, a materie prime vegetali prive di effetti inquinanti o climalteranti). Tutti gli enti: comune, regione, parlamento e governo dovrebbero operare per giungere all'indispensabile chiarimento». Per Porto Marghera si tratta di un'altra dismissione fra quelle degli ultimi due decenni nel sito industriale veneziano, quali: Dow Chemical, Caprolattame, Montefibre, Sirma, Vinyls (con la demolizione delle fiaccole). Un'area che, come altre strategiche del nostro Paese, manca ancora di una coerente linea di politica industriale italiana.

Il Recovery per Marghera

«Dopo i piani annunciati di riconversione e di riqualificazione risulta ancora tutto fermo - commenta la capogruppo Pd in Consiglio comunale Monica Sambo -. Sarebbe necessario chiarire quali siano le intenzioni della società Eni, con riguardo alle garanzie occupazioni, ma anche in merito alla conversione degli impianti. L’amministrazione dovrebbe anche far luce sui progetti nelle ex aree Syndial (in capo al Comune), che aspettano di essere utilizzate dal 2014 e che, sulla base di nuovo accordo nel 2019, ad ora non ha portato a risultati (anzi ha rallentato solo un processo iniziato nel 2012). È proprio questo il momento storico per ripensare a un grande investimento di riqualificazione e conversione delle attività. Il Recovery plan parla di transizione ecologica, quale migliore occasione per investire in questo piano per un'area così importante e complessa? Venezia e Marghera potrebbero essere il simbolo nazionale e internazionale di questo cambiamento. Nei prossimi giorni depositeremo un'interrogazione per chiedere al sindaco di chiarire questi aspetti necessari allo sviluppo del territorio».

La fermata per manutenzione diventa definitiva

«Da un anno chiediamo lumi sulla fermata quinquennale che era stata annunciata per la manutenzione straordinaria del cracking e scopriamo improvvisamente che la fermata verrà fatta, ma senza ripartenza - scrive Giuseppe Callegaro della Femca Cisl Venezia -. Il petrolchimico è ancora uno stabilimento integrato con altre realtà industriali e quindi il problema della crisi industriale l'avremo anche nelle altre aziende presenti nel sito. La chiusura del craking non è accompagnata da nessun nuovo progetto sostanzioso. All’incontro ci è stato spiegato che la chiusura è prevista a marzo del 2022 e che nel 2024 verrà realizzato un impiantino di alcool isopropilico per occupare una ventina di lavoratori, mentre quelli coinvolti nella chiusura dei 2 impianti di produzione di etilene e propilene sono almeno 150. Queste risorse umane, secondo Eni, possono essere trasferite in piani industriali non ancora realizzati, nella Bio-raffineria e in Eni Rewind. Di fatto non c'è nulla. Capiamo l’importanza della transizione energetica con ingenti risorse dedicate a Eni, ma non accettiamo che non si parli di crescita occupazionale».

La logistica

L’idea di far arrivare a Marghera le navi da Priolo con l'etilene e il propilene da trasferire via pipeline a Mantova e Ferrara, per il sindacato: «sul piano delle emissioni, del traffico navale e del rischio di incidenti, non risponde alla logica di un minor impatto ambientale. Il craking non va fermato fino a che non saranno realizzati i progetti industraiali alternativi in grado di garantie soluzioni occupazionali concrete. Per Porto Marghera il cracking è l’ultimo impianto che giustifica i costi di gestione del consorzio Spm (Servizi Porto Marghera), dell'impianto di trattamento acque reflue Sg31 di Veritas, e dell’indotto nelle imprese terze. Quindi chiediamo che anche le istituzioni, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il presidente di Confindustia di Venezia Rovigo, Vincenzo Marinese, difendano un sistema industriale già messo a dura prova da una crisi economica e sanitaria», conclude.

Sostenibilità e circolarità

Eni conferma che: «Porto Marghera avrà un ruolo fondamentale nel nuovo percorso strategico della società, che la porterà al 2050 all’azzeramento delle emissioni nette complessive di Co2 di processi industriali e prodotti finali. A questo proposito, Eni sta valutando la realizzazione nel sito di iniziative industriali basate su tecnologie innovative, volte a una sempre maggiore sostenibilità e circolarità, e strutturate con la massima attenzione per l’occupazione e le competenze presenti sul territorio».

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