A Venezia la mostra fotografica "Gli Invisibili, ammazzati dalla mafia e dall'indifferenza"
Fino al 30 settembre l'aula storica della Corte di Assise di Venezia ospiterà la mostra fotografica "Gli Invisibili, ammazzati dalla mafia e dall'indifferenza" di Lavinia Caminiti. La finalita? dell'esposizione e? stimolare il cittadino su argomenti che condizionano il suo presente attraverso il recupero della memoria di uomini come Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno lavorato, combattuto e sono morti per un ideale di Giustizia e Liberta?.
«Si intende sviluppare nelle coscienze delle nuove generazioni un atteggiamento critico nei confronti di cio? che discerne la legalita? dall’illegalita? e nei confronti della giustizia secondo le leggi dello Stato e della Costituzione, nonche? sviluppare una critica consapevolezza verso una “giustizia alternativa” e una cultura mafiosa, talvolta manifesta, talvolta nascosta negli atteggiamenti che risiedono e persistono ogni giorno non solo in Sicilia, ma in tutto il territorio italiano e non solo» spiega l'Associazione Nazionale Magistrati.
La mostra confronta le immagini di oggi con documenti prodotti immediatamente dopo i delitti: si compone così, tassello dopo tassello, una sorta di itinerario tragico della memoria dimenticata “un passato che si vuole passi inosservato, un presente che non ha il coraggio di ricordarlo”. Questo iato, mostrato dalla semplice eloquenza delle immagini, rende evidente come persino le tragedie piu? difficili da sopportare siano cadute, in alcuni casi, nell’oblio della stessa generazione che le ha vissute, o siano sconosciute alle nuove generazioni.
Una sezione della mostra e? dedicata ai ventotto magistrati assassinati, "Le Rose spezzate". Il magistrato, oltre ad essere investito di un mandato istituzionale oneroso e onorevole, e? una persona, nel senso piu? comune ed ontologico del termine. La societa? civile vede il magistrato come colui che, assumendo il suo ruolo, ne ha accettato anche le conseguenze, cosi? (ancor piu? in passato) quando arrivava la notizia dell’uccisione di uno di essi, la coscienza collettiva lo elaborava, lo “accettava” come fenomeno sociale ordinario. A morire era una persona che si era messa in gioco. Cio? di cui il fruitore della mostra deve prendere coscienza e? che i magistrati uccisi lo sono stati perche? lavoravano per la collettivita?; uomini e donne che cercavano la verita? per il bene e la sicurezza comune e per il progresso civile e morale della societa? e della democrazia. Ma a morire sono state persone che avevano una famiglia. E? giusto dare contezza del valore della “persona”, della loro vita privata, dei loro intimi affetti.