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Attualità Quarto d'Altino

Altino, ritrovati due monumenti funerari dell'epoca romana: tornano alla collettività

La restituzione al Museo nazionale dopo lo studio e le indagini dei carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio di Venezia, e della Soprintendenza per l’Area metropolitana di Venezia e le province Belluno, Padova e Treviso

Dal loro ritrovamento alla restituzione alla collettività è passato un anno e martedì due cippi funerari risalenti all'Altino dell'epoca romana (nel secondo secolo a.C.) trovati nel Trevigiano l'estate scorsa sono stati restituiti dai carabinieri del Nucleo del Patrimonio culturale di Venezia al Museo nazionale di Altino. 

Un monumento funerario e la base di un’urna recante una scritta sono stati sequestrati e consegnati riportati nell'Area archeologica di Altino, a parziale conclusione dell’indagine "Altino ritrovata", coordinata dalla Procura di Treviso. Non è ancora stato stabilito il punto esatto del ritrovamento dei reperti. Di sicuro si sa che un cittadino ha allertato la Soprintendenza della Città metropolitana di Venezia e delle province di Treviso, Padova e Belluno segnalando la presenza dei monumenti senza dimostrarne l'appartenenza. Trattandosi di beni dello Stato, come verificato nelle successive analisi, in virtù di una legge del 1909 sui beni culturali "le cose immobili e mobili che abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico o artistico" appartengono alla collettività.

La Soprintendenza ha avvisato i carabinieri che hanno requisito gli oggetti affidandoli agli archeologi per stabilirne provenienza ed epoca di appartenenza. Il primo reperto, un monumentino funerario lapideo, è composto da due leoncini accovacciati, collocati con funzione apotropaica a guardia di un cippo senza epigrafe, dotato al centro del lato superiore di un foro con tracce di metallo per il fissaggio di un elemento di coronamento: una mezza sfera dentro alla quale depositare le ceneri dopo la cremazione, con il coperchio di un'urna proveniente dalla necropoli della via Annia (Altino). Poi una base in pietra di un’urna funeraria, con cavità quadrata per le ceneri del defunto sulla parte superiore, due fori per il fissaggio del coperchio e la scritta: Sippiai P(ubli) L(iberta) Clarai P(ublius) Sippius P(ubli) L(ibertus) Secundus. Si tratta della dedica alla defunta Sippia Clara da parte del dedicante Sippio Secondo, entrambi liberti di un "Publio", e dunque appartenenti a una fascia di committenza relativamente modesta.

Nel territorio veneto il nome Seppius ricorre in alcune iscrizioni funerarie da Concordia Sagittaria, Oderzo e Padova e indica una gens plebea di origine osca (della Campania preromana). Ciò conferma l’ormai assodata prevalenza di famiglie residenti ad Altino di origine centro-italica, a seguito dell’apporto demografico nel tessuto sociale altinate di veterani, artigiani e mercanti, mentre i cittadini di origine locale, venetica o celtica, non usavano esteriorizzare le sepolture con monumenti fuori terra. Dalle indagini è emerso che i due preziosi reperti siano stati trovati ad Altino nel corso di lavori agricoli, ai primi del '900.

Due cippi funerari trovati nel Trevigiano l'estate scorsa sono stati restituiti dai carabinieri del Nucleo del Patrimonio culturale di Venezia al Museo nazionale di Altino-2

Al ritrovamento, mai denunciato alle autorità, sono seguiti alcuni "passaggi di mano" anche familiari, fino ad arrivare all’attuale detentore in provincia di Treviso. Quest’ultimo, individuato casualmente il bene in locali ricevuti in eredità, ha segnalato il rinvenimento alla Soprintendenza dell’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Quest’ultima, come previsto, ha informato il Nucleo dei carabinieri della tutela del patrimonio culturale di Venezia, che ha avviato le indagini. In particolare, gli accertamenti dei carabinieri hanno permesso di appurare che la precedente detenzione dei reperti archeologici era sprovvista dalla necessaria documentazione per provare la proprietà. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati in premio di ritrovamento, o che gli siano stati ceduti dallo Stato, o che siano stati ricevuti iprima dell'entrata in vigore della legge del 1909.

L’azione investigativa, in cui è stata di fondamentale importanza la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” in uso ai militari e che consta di sei milioni di reperti censiti, si è avvalsa di esami tecnici e storico-artistici dei funzionari archeologi dellaa Soprintendenza che collabora con il Nucleo della tutela del patrimonio culturale di Venezia. Nonostante sia rimasto ignoto lo specifico luogo di rinvenimento, con ogni probabilità questo deve individuarsi in una delle necropoli all’esterno della città di Altino lungo le strade extraurbane (principalmente la via Annia, ma anche la Claudia Augusta), che hanno restituito circa duemila sepolture della prima età imperiale (I secolo d.C.). La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e di comunità.

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