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Baldin: «Si aumentino i fondi ai centri antiviolenza e si cambino le politiche verso le donne»

Dal gender gap nei luoghi di lavoro agli asili nido. Le proposte nella mozione sollevata in consiglio regionale

«La Regione aumenti i fondi ai centri antiviolenza. Non solo femminicidi: devono cambiare comportamenti e politiche verso le donne, dal gender gap agli asili nido, alla possibilità concreta di abortire». A dirlo è Erika Baldin, capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio regionale, che ha sollevato una mozione per chiedere alla giunta di rivedere la programmazione e aumentare le risorse a bilancio da destinare a questi aspetti. 

Dalla violenza al gender gap nel lavoro

«I centri antiviolenza svolgono un presidio decisivo nel territorio, e proprio in concomitanza con gli ultimi tragici lutti hanno visto intensificare gli accessi e le richieste di sostegno da parte di coloro che finalmente trovano la forza di denunciare - dice Baldin -. I femminicidi in Italia nel 2023 sono stati più di cento e nove sono già le donne che hanno perso la vita per mano maschile nei primi due mesi dell’anno in corso». Ma non solo: «Molte sono state le donne che, messe di fronte al bivio tra lavoro e maternità, hanno rinunciato forzatamente all’impiego - aggiunge -. Il numero delle donne dirigenti d’impresa lontanamente si avvicina a quello maschile: in Veneto, ad esempio, sono sedici su cento. Ma soprattutto, la carenza di asili nido pubblici (27 posti ogni 100 bambini in Veneto, 26 nel Veneziano a fronte di una media europea attestata a 33) offre poche alternative alle coppie che decidono di procreare». Da qui la decisione di presentare una mozione.

Il diritto all'aborto

E c'è anche un altro tema: quello dell'aborto. «L’obiezione di coscienza - aggiunge l’esponente del M5S - da diritto sancito per legge è diventato espediente per rendere impraticabile l’aborto in tutte le strutture ospedaliere, dove non di rado alcune associazioni “pro vita” agiscono sulla psiche delle giovani donne intenzionate ad abortire, riducendo l’intera questione a mero riflesso economico». Tuttavia lo scorso maggio, la V commissione Sanità del consiglio regionale ha introdotto, fra i criteri di valutazione dei direttori generali nelle singole Ulss venete, anche l’adeguamento alla media nazionale del numero di strutture dove l’interruzione volontaria di gravidanza può essere materialmente eseguita. 
 

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