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Economia

L'aumento dei tassi di interesse costerà alle imprese veneziane 220 milioni

La stima è dell'ufficio studi della Cgia di Mestre. L'aggravio per le realtà venete sarà di 1,5 miliardi di euro

L'aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea (Bce), in questa seconda parte dell’anno, - a cui se ne dovrà aggiungere il nuovo che sarà introdotto il prossimo 15 dicembre - comporterà, tra il 2022 e il 2023, un aggravio degli oneri sui prestiti alle imprese venete di 1,5 miliardi di euro. Secondo quanto segnala l'ufficio studi della Cgia di Mestre, per le sole aziende veneziane, l'aumento si aggirerà sui 217,7 milioni di euro.

Le stime della Cgia di Mestre

La stima è stata "costruita" ipotizzando un aumento medio dei tassi di interesse del 2 per cento, tra il 2023 e il 2022, ai 75,8 miliardi di consistenze degli impieghi erogati alle imprese venete al 30 settembre scorso. Detto di Venezia, la provincia veneta più penalizzata sarà Verona: a fronte di 17,5 miliardi di impieghi bancari, le imprese ubicate nella provincia scaligera dovranno farsi carico nel 2023 di un maggior aggravio pari 351,1 milioni di euro. Seguono le provincie di Treviso con maggiori costi pari a 322,1 milioni, Vicenza con 285,6 milioni di euro, Padova con 266,9 e quindi Venezia, con 217,7 milioni di euro. Chiudono la graduatoria a livello Rovigo con maggiori costi pari a 41,6 milioni e Belluno con 32,5 milioni di euro.

A livello nazionale, le regioni più penalizzate da questo ritocco all’insù dei tassi saranno quelle dove sono maggiormente concentrate le attività produttive che si avvalgono dell’aiuto degli istituti di credito. Vale a dire la Lombardia (+4,33 miliardi di euro), il Lazio e l’Emilia Romagna (entrambe con +1,57 miliardi), il Veneto (+1,52 miliardi) e il Piemonte (+ 1 miliardo). Quasi due terzi dei 15 miliardi di maggiore costo del denaro che le aziende dovranno farsi carico l’anno prossimo saranno riconducibili alle imprese del Nord.

Gli effetti sulle famiglie

Gli aumenti dei tassi di interesse avranno anche delle ricadute negative sulla spesa delle famiglie, sugli investimenti delle imprese e sul costo del nostro debito pubblico. I nuovi aumenti dei tassi, quindi, potrebbero contribuire a frenare una crescita economica che l’anno prossimo in Italia dovrebbe attestarsi sullo 0,3/0,4 per cento. Una soglia che, - ravvisa la Cgia - «molto probabilmente, avrà delle ricadute negative anche sull’occupazione».

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