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Il report

Paghe più basse degli uomini e precarietà. La povertà femminile che espone alla violenza

Report della Cgil di Venezia su dati Istat. Nell'area metropolitana gap salariale di 7 mila euro (in più per gli uomini) a pari condizioni. Reddito medio maschile di 25.522 euro mentre le donne si fermano a 17.021. Giordano: «Necessario un cambiamento radicale»

Povertà e precarietà economica femminale espongono alla violenza. È il quadro tracciato dal report della Cgil di Venezia (su dati Istat) che fa il punto sulla presenza delle donne nel mercato del lavoro della Città Metropolitana. «Numerose le criticità dal punto di vista retributivo, contrattuale e sociale - spiega Daniele Giordano, segretario generale della Camera del Lavoro Cgil veneziana - Le donne lavorano meno ore degli uomini, e in condizioni peggiori ed emergono differenze sostanziali per quanto riguarda i contratti. Donne più spesso part-time o con rapporti precari e ruoli professionali meno qualificati».

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I numeri

A Venezia i contratti a tempo pieno per gli uomini rappresentano l’82,5% mentre per le donne il 49,6% «Evidenti le ricadute sulle disponibilità economiche e sulle capacità di sviluppo professionale. Le basse retribuzioni - afferma il sindacato - sono senza dubbio un elemento che può segnalare un primo tipo di allarme anche riguardo ai fenomeni di “violenza economica”. Si tratta del controllo esercitato sulla donna: si verifica con lo sfruttamento economico, impedendole di trovare lavoro e di diventare autonoma. Secondo i dati Ipsos, almeno una donna su due ha subito violenza economica almeno una volta nella vita».

Le differenze retributive fra i generi

Sul dato del 2021 analizzato dal sindacato le donne fra i 25 e i 34 anni che appaiono escluse dal mercato del lavoro rappresentano il 17,91%, gli uomini il 9,45%. Tra i 45 e i 54 anni il gap aumenta: il 23,76% delle donne non ha percepito alcun reddito nell’arco dell’intero anno, mentre gli uomini nella medesima situazione rappresentano solo il 10,39% del totale. «Le condizioni di lavoro delle donne - prosegue Giordano - sono peggiori rispetto a quelle dei colleghi maschi, anche perché spesso sono costrette a rivestire un ruolo diverso, come evidenziano diversi indicatori, nella famiglia e nei lavori di cura o per la mancanza di misure che possano tenere conto dei loro bisogni. A parità di prestazione le donne sono pagate di meno. Nell’area metropolitana di Venezia le differenze si registrano in tutti i settori determinando sul dato aggregato un gap salariale di circa 7.000 euro per i tempi pieni, 9.500 euro per coloro che sono assunte a tempo indeterminato».

I settori "tipici"

Gli uomini a tempo pieno raggiungono mediamente i 28.421 euro mentre le donne arrivano a 21.603 euro, dato che diviene ancor più pesante sulle retribuzioni complessive, dove gli uomini arrivano a un reddito medio di 25.522 euro mentre le donne si fermano a 17.021 euro. I dati confermano la decisiva prevalenza di settori come quello turistico e del commercio, spiega la Cgil di Venezia, dove le donne occupate rappresentano la maggioranza e, nonostante questo, hanno una retribuzione inferiore agli uomini. Nel turismo e ristorazione, dove l’occupazione femminile prevale, il gap salariale è di circa 4.000 euro, mentre nel settore manifatturiero, dove è maggiore l’occupazione maschile, il gap salariale supera addirittura gli 8.000 euro. 

Chi entra di più al lavoro con l'indeterminato

Anche i dati sulle nuove assunzioni del 2023, stando al report sindacale, evidenziano come il lavoro femminile rimanga precario. I contratti a tempo indeterminato nel primo semestre 2023 sono l’8,17% per le donne e il 10,4% per gli uomini. «Numeri che confermano quanto da tempo sottolineiamo sulla forte precarietà del mercato del lavoro nel nostro territorio, che richiede un deciso cambio di passo per investire sulla stabilità occupazionale dei lavoratori - prosegue la Cgil veneziana - Rappresenta una fotografia ancor più grave quella che vede il reddito medio per fasce d’età, dove in quella tra i 45 e i 54 anni la differenza salariale tra uomini e donne supera addirittura i 10.000 euro».

La conclusione, secondo Giordano, è che servono misure straordinarie a sostegno dell’occupazione femminile. «Investimenti negli asili nido e in tutti gli strumenti di welfare in grado di sostenere il lavoro delle donne, maggiore attenzione nella contrattazione aziendale ai loro diritti, alle loro necessità individuali, con sistemi per monitorare eventuali discriminazioni a partire da quella salariale. Si devono superare gli incentivi economici che troppo spesso premiamo solo la “disponibilità” a lavorare, senza mettere al centro l’apporto qualificato. Serve - conclude Giordano - un cambiamento radicale di paradigma in cui qualità del lavoro ed emergenza salariale vengano messi al primo posto».

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