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"Mi dai un po' di vita?", sgominato giro di spaccio d'eroina di Mestre

I carabinieri all'alba hanno arrestato nove persone accusate di controllare il giro di droga in zona stazione e a Marghera, con diramazioni in Riviera e Miranese. Il "capo", tunisino, è di Salzano

La "fotografia" non è mai stata così nitida. Lo afferma chiaramente il maggiore Salvino Macli, comandante della compagnia dei carabinieri di Mestre: con la conclusione dell'operazione "Cream", che ha portato nelle ultime ore all'arresto di nove persone, cui si devono aggiungere altri sette provvedimenti cautelari da settembre a oggi, i militari sono riusciti a ricostruire zone e organizzazione dello spaccio di eroina nel Veneziano. Specie tra il quartiere Piave di Mestre e Marghera. Il territorio, controllato fino ad ora da cittadini di nazionalità tunisina, viene diviso in zone. Ognuna di esse a una o due figure di riferimenti, che si occupano di fare da collante tra i livelli più alti e quelli più bassi della piramide. E' compito loro rifornire i pusher di droga, come è compito loro controllare che tutto vada per il verso giusto.

Le forze dell'ordine, partiti da due personaggi intermedi, K.M. e S.M., tunisini, sono riusciti a ricostruire la filiera dell'eroina sia verso il basso (lo spaccio di strada), sia verso l'alto, verso il "leader": F.K., residente a Salzano. Durante la perquisizione di stamattina a casa sua sono stati trovati 150 grammi di eroina in sasso e 50 grammi di cocaina. Il carico era nascosto in un armadio, senza accortezze particolari. Fatto che denota come il "capo" si sentisse tranquillo nel suo territorio. In un cassetto sono stati trovati anche 8mila euro in contanti, ritenuti proventi dell'attività illegale.

Ora l'uomo si trova in carcere, al pari di altri sette sodali, tutti di nazionalità tunisina a parte uno d'origine marocchina. Ai domiciliari anche una donna italiana, K.G., residente a Quarto d'Altino: secondo gli inquirenti il suo appartamento era "a disposizione" dell'organizzazione. Oltre a spacciare la droga in momenti "particolari" ricevendo la clientela direttamente in casa (la giovane infatti non poteva uscire in quanto già soggetta a un'altra ordinanza di custodia ai domiciliari), metteva a disposizione i propri spazi come base logistica. Da lei spesso arrivavano le auto che facevano la spola settimanale per rifornire il Veneziano di eroina.

Tre le zone di spaccio principali: la stazione ferroviaria di Mestre, piazza Mercato a Marghera e borgo Vaschette, sempre a Marghera. Un giro che arrivava a un chilo e mezzo o due chili di eroina venduta a settimana, con diramazioni anche in Riviera del Brenta. K.M. e S.M., i due giovani da cui sono partite le indagini, si occupavano di rifornivano gli spacciatori "mestrini" con quantità di 100 o 300 grammi di eroina ogni tre o quattro giorni. Un'attività fiorente per tutti. Tanto che gli introiti settimanali derivanti dallo spaccio si aggira sui 30mila euro.

I malviventi avevano un approccio "professionale". Quasi mai si "mostravano in prima persona" per i rifornimenti di droga, quasi mai lasciavano intendere nelle loro telefonate che parlavano di stupefacenti: anzi, si sentivano richieste strane, come "dammi un po' di vita", oppure si discuteva di "chilometri", di "colpi", di "caffé".

Persone spregiudicate, senza scrupoli. Che non esitavano a portarsi dietro qualche "assaggiatore" per i carichi più importanti. D'altronde se qualcosa fosse andato storto era solo un tossico in meno. Soldi e droga, droga e soldi. A palate. In questo giro di spaccio nel Veneziano le persone e le loro dipendenze prendevano solo le sembianze delle banconote. Come quelle sequestrate a casa di K.G. a Salzano.
 

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