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Mestre Mestre Centro / Via Trento

Negozi alimentari utilizzati come copertura per lo spaccio, dieci arresti

I carabinieri concludono con le manette un'indagine durata mesi e gestita tra le province di Venezia e Treviso. Bloccate centrali del traffico di marijuana tra via Trento e Monte San Michele

Mesi di indagine che avevano Mestre come epicentro dello spaccio. In dieci, tutti arrestati, riuscivano a gestire il traffico di droga nelle provincie di Venezia e Treviso. I carabinieri sono riusciti a mettere fine a quella che è stata definita "una prolifica rete di distribuzione, sia in qualità di fornitori di ulteriori spacciatori che di erogatori diretti della droga ai tossicodipendenti, in varie zone del circondario, ed in particolare in Mestre, con centro di spaccio localizzato prevalentemente nel quartiere Piave e a San Donà, nei pressi delle stazioni ferroviarie, e nel Trevigiano". Nel corso delle operazioni di arresto sono stati così sequestrati cinque chili e mezzo di marjuana, che veniva acquistata in provincia di Padova e trasportata dai corrieri ai capibanda di Venezia. In manette sono finiti sette cittadini di origine nigeriana, un senegalese, un panamense e un italiano, più defilato rispetto agli altri, che si occupava dello spaccio solo in occasione dei rave party organizzati nell'area del Piave.

Gli investigatori dei carabinieri sono partiti dalla stazione dei treni per poi ricostruire l’intero intreccio di relazioni dei membri della banda. Il vertice dell’organizzazione era rappresentato da un cittadino nigeriano, boss dello spaccio a Mestre, che aveva il ruolo di rifornire altri connazionali, suddivisi su due diversi rami: il primo a San Donà di Piave, mentre il secondo tra i confini del Veneziano e la provincia di Treviso, a San Stino di Livenza e Motta. Il capo poteva contare sul lavoro "specializzato" dei suoi pusher: c'era chi acquistava la marijuana per rivenderla in quella ristretta zona compresa tra le vie Trento e Monte San Michele di Mestre, chi invece spacciava dall'interno di un minimarket di generi alimentari di Mestre e da lì gestiva il traffico tra giovanissimi italiani, marocchini, colombiani, argentini, cingalesi e cubani. Proprio quello stesso negozio è stata una delle mete delle indagini dei militari veneziani: luogo che poteva infatti garantire un’ottima copertura, in quanto molto frequentato da cittadini africani in genere. Ma nei guai, per spaccio, è finito anche un secondo negozio, gestito da cittadini cinesi, tra via Trento e Monte San Michele.

Il gruppo, secondo le stime dei carabinieri, era in grado di reperire circa due chili di "erba" alla settimana, per un giro d'affari compreso, all'ingrosso, tra i 4mila e i 5mila euro, ma che al dettaglio significavano anche 10mila euro ogni sette giorni. Decine i militari impegnati nella esecuzione degli arresti e delle perquisizioni, condotte anche con l’ausilio di unità cinofile, che hanno interessato oltre che Mestre, anche i comuni di Noale, Salzano, Scorzè, Spinea, San Donà di Piave, nonché San Stino di Livenza e Motta di Livenza nel trevigiano. Per i due negozi è stata disposta la riduzione dell’orario di apertura alla sola mattinata. Precisa una nota dei carabinieri di Mestre: "L’adozione della misura, ottenuta sulla base degli elementi raccolti in accordo con il Comune di Venezia, ha permesso anche di risolvere alcune problematiche di sicurezza, oggetto di accese proteste da parte dei residenti, per la concentrazione di ubriachi, soprattutto al pomeriggio, con conseguenti schiamazzi e liti".

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