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Cronaca

Imprenditore veneziano detenuto da quasi due mesi in Sudan

Marco Zennaro è accusato di frode, ma dice di essere vittima di un imbroglio. Tramite la famiglia ha fatto sapere di essere detenuto in condizioni insopportabili. Soranzo (FdI): «Va riportato subito in Italia»

Un imprenditore veneziano del settore della produzione di materiale elettrico, Marco Zennaro, sarebbe rinchiuso da quasi due mesi in un commissariato di Khartoum, capitale del Sudan, con l'accusa di frode. Secondo la ricostruzione dei quotidiani, Zennaro avrebbe fatto sapere di essere, in realtà, vittima di un imbroglio. «Dormo per terra insieme ad altri detenuti. L’ambasciata e mio padre mi portano da mangiare una volta al giorno», ha spiegato il 46enne tramite la famiglia, descrivendo la difficile situazione in cui si trova.

I canali diplomatici del ministero degli Esteri si sono attivati per dare assistenza a Zennaro, ma la vicenda sembra essersi complicata ulteriormente con la morte del suo accusatore: un mediatore con il quale il veneziano aveva trattato la vendita di una partita di trasformatori destinata alla locale società nazionale di energia elettrica. Il mediatore, secondo la ricostruzione ufficiale, è morto durante un’immersione sub nel Nilo, ma la famiglia di Zennaro non ne è convinta.

I familiari, comprensibilmente, sono preoccupati. Zennaro è rinchiuso in condizioni critiche, assieme ad altri 30 detenuti, in un ambiente con una temperatura difficilmente sopportabile. Gianluigi Vassallo, ambasciatore in Sudan, ha spiegato che «il personale dell’ambasciata segue il caso, portando in cella generi alimentari». In una nota del ministero degli Affari esteri si legge che «dal 1° aprile il connazionale ha ricevuto 58 visite consolari dal personale dell’ambasciata», che gli ha fornito alimenti, indumenti, libri e altri beni. Inoltre l’ambasciata «è intervenuta ufficialmente presso le autorità del Sudan, incluso l’ufficio del primo ministro e della ministra degli Esteri, chiedendo con forza il rispetto dei diritti del connazionale in termini di condizioni sanitarie, di sicurezza e di protezione e una soluzione del caso in tempi brevi».

Zennaro si era recato in Sudan da metà marzo ed era stato subito arrestato; in un primo momento avrebbe riottenuto la libertà dopo avere trovato un accordo economico con il suo accusatore, poi sarebbe stato arrestato di nuovo in base all'accusa di un'altra delle persone coinvolte nell'affare. Da quel giorno, 1 aprile, l'imprenditore è rinchiuso in cella.

La vicenda viene così commentata dal consigliere regionale FdI Enoch Soranzo: «Ho indirizzato una lettera al ministro degli Esteri Di Maio - scrive - per chiedere l’immediato intervento del governo per una rapida risoluzione della controversia che vede il nostro connazionale Marco Zennaro detenuto in condizioni disumane da oltre 50 giorni in Sudan. Sono attonito - aggiunge - per la ricostruzione che i familiari dell’imprenditore hanno affidato alla stampa, come pure per la notizia dell’uccisione dell’unico testimone che avrebbe potuto scagionare il 46enne». L'auspicio è che «le istituzioni italiane facciano sentire subito la loro voce, pretendendo il ritorno in Patria dell’imprenditore».

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