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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Cavallino-Treporti / Via delle Batterie

Morto per amianto, risarcita la moglie. Era stato militare alla base di Cavallino

Meccanico anfibista si era occupato della guida e della manutenzione dei carri anfibi. A maggio del 2018 è scomparso per un mesotelioma pleurico epiteliomorfo, causato dall'esposizione alle fibre di amianto

Aveva prestato servizio alla base logistica di via delle Batterie, nel comune di Cavallino Treporti. L.S., militare di Arquà Polesine (Rovigo), è morto nel 2018 per una forma rara di cancro e il Tribunale di Parma ha condannato i ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscerlo vittima del dovere per via dell'esposizione all'amianto, e a liquidare alla vedova - per ora non ai loro due figli - i benefici che spettano alle "vittime del terrorismo, del dovere ed equiparati, e del servizio". La moglie avrà un risarcimento di 400 mila euro più il vitalizio mensile.

Durante la sua carriera nell'Esercito, il militare di Arquà Polesine era stato meccanico anfibista specializzato e si era occupato della guida e della manutenzione dei carri anfibi. A maggio del 2018 è morto per un mesotelioma pleurico epiteliomorfo, causato dall'esposizione alle fibre di amianto nel periodo in cui aveva lavorato alla caserma di Ca' Savio. Sulla base della relazione del medico legale, e secondo gli accertamenti dei periti, L.S. sarebbe stato esposto senza strumenti di prevenzione e protezione a contatto con la fibra killer presente anche nei vari locali in cui si svolgeva la sua attività quotidiana. Alla moglie, difesa dall'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, verrà corrisposta una speciale elargizione di circa 400 mila euro a cui si aggiungono gli assegni vitalizi. I due figli, esclusi dal beneficio, dicono di aver fiducia nei giudici e sperano in una rivalutazione della sentenza in Cassazione. Il loro desiderio è che «un intervento del legislatore vada a modificare una disposizione che fa differenze fra gli orfani e che non è civilmente accettabile».

Le vittime di amianto tra i militari dell’Esercito sono una testimonianza della pericolosità di questa sostanza, che, nonostante la sua messa al bando con una legge del 1992, continua a uccidere. In molti casi, ex militari e personale addetto, mentre servivano e onoravano il paese, si sono trovati a fronteggiare le conseguenze dell’esposizione al minerale killer in virtù del fatto che l’asbesto era di uso comune in tutte le strutture del reparto speciale dell’Esercito, nelle dotazioni di servizio e nei dispositivi di lavoro. «Ciò che suscita rabbia e indignazione - commenta l'Osservatorio - è il fatto che, oltre al dolore per la morte di un congiunto tra atroci sofferenze, in molti casi la giustizia stenti ad arrivare». 

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