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Cronaca

Lavorò al Porto e morì per l'amianto Maxi risarcimento da 800mila euro

Questa la somma che i familiari di Giancarlo Vianello riceveranno dalla Autorità portuale. Ricorso in arrivo chiedendo una somma maggiore

Lavorò al Porto dal 1960 al 1988 scaricando sacchi di amianto. Poi morì di tumore. Per questo il giudice ha condannato l'Autorità portuale a un risarcimento di 800mila euro nei confronti di moglie e figli di Giancarlo Vianello, al tempo assunto dalla Compagnia lavoratori portuali. Lavorando a stretto contatto con la sostanza altamente cancerogena (c'erano stive piene di sacchi in juta carichi di polvere di amianto da scaricare), alla fine della corsa è spuntato il mesotelioma pleurico. Tumore connesso alle fibre di amianto inalate.

LA CASSAZIONE: "IL PORTO RISARCISCA"

Se la connessione tra malattia e sostanza è risultata di per sé obbligata, come riporta il Gazzettino il difficile è stato individuare i responsabili di questa morte. Perchè chi caricava le navi e chi commercializzava la polvere di amianto si sarebbero chiamati fuori. Alla fine, quindi, in campo è rimasta solo l'Autorità portuale. L'avvocato della famiglia di Giancarlo Vianello, però, ha già annunciato che ricorrerà per ottenere un indennizzo più alto. La Cassazione infatti, secondo lui, avrebbe consigliato a tutti i Tribunali di basarsi per le sentenze sulle tabelle in uso al Tribunale di Milano. La cifra, quindi, potrebbe quasi raddoppiare.

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