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Cronaca

Stangata sugli arrestati del Mose, ora il fisco vuole 10 milioni di euro

Scattano le "tasse sulle tangenti" percepite da politici e dirigenti: la verifica tributaria dell'Agenzia delle Entrate ne stabilirà l'ammontare esatto

Dopo la chiusura delle indagini sul caso Mose, arriva la verifica dell'Agenzia delle Entrate: la scure del fisco si abbatte su tutti coloro a cui sono stati riscontrati ricavi illeciti, che devono risponderne pagando le cosiddette "tasse sulle tangenti". Si sta ancora calcolando l'ammontare della somma che lo Stato potrà incassare ma, come riportano i quotidiani locali, si stima che si aggirerà intorno ai 10 milioni di euro.

Circa dodici milioni sono già stati recuperati con le confische, condizione stabilita per i patteggiamenti: Giancarlo Galan ha pagato 2,6 milioni, l'imprenditore Alessandro Mazzi altri 4, Renato Chisso dovrebbe sborsare 2 milioni (ma dice di non averli), e via via altri, con cifre minori. Ora è il momento invece della scure della polizia tributaria, che prenderà forma con gli avvisi di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate. E di tempo ce n'è: in questi casi la prescrizione scatta dopo dieci anni.

La guardia di finanza ha ricostruito quasi 24 milioni di soldi "neri", fra tangenti e finanziamenti illeciti, dal 2005 a oggi. A partire da Galan, che avrebbe ricevuto uno "stipendio" di un milione di euro - esentasse, naturalmente: per un totale calcolato di oltre 10 milioni di euro, di cui ora 4 dovrebbero andare all'erario in base all'applicazione dell'aliquota massima del 43 per cento.

Importi milionari, dunque, oltre che per l'ex governatore, anche per Renato Chisso, ex assessore alle Infrastrutture (si parla di circa 2 milioni di euro), per i due ex presidenti del magistrato alle Acque, Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta, e per l’ex magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone. In lista ci sono, naturalmente, anche Marco Milanese, ex consigliere giuridico di Tremonti, l’ex generale della Finanza Emilio Spaziante, e l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. Per questi ultimi la Finanza avrebbe presentato anche denuncia per infedele dichiarazione, dato che gli importi superano i 50 mila euro annui occultati al fisco, cioè la soglia penale. Orsoni, in particolare, avendo negato di aver consegnato i soldi al partito, fa supporre l'accusa che se li sia tenuti.

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