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Cellula jihadista sgominata, non si spegne l'eco: "Risolvere il problema con coraggio"

Il messaggio del presidente del Veneto Luca Zaia punta il dito contro l'Italia e contro l'Europa. I sindacati chiedono un incontro col prefetto per "essere d'aiuto"

All'indomani dell'arresto di 3 presunti kamikaze kosovari a Venezia, continuano ancora a tenere banco la preoccupazione, l'allerta terrorismo e la volontà di mettersi di traverso al fondamentalismo islamico. Se gli attivisti dei collettivi locali hanno organizzato nella giornata di venerdì un sit in proprio sul Ponte di Rialto (VEDI DETTAGLI), le organizzazioni sindacali hanno scritto al prefetto Carlo Boffi, richiedendo un incontro per rendersi utili in prima persona.

"Cgil, Cisl e Uil - si legge in nota - esprimono il più ampio apprezzamento verso coloro che hanno sventato i possibili progetti criminali e alle lavoratrici e ai lavoratori che si impegnano quotidianamente per garantire la sicurezza del territorio e del Paese intero. Da sempre il sindacato confederale è impegnato direttamente per fronteggiare ogni forma di terrorismo, e proprio questo è il senso della richiesta di un incontro, per comprendere come il presidio sindacale nel territorio e nei posti di lavoro possa rappresentare uno strumento per la salvaguardia della sicurezza e della democrazia".

Risolvere il problema con coraggio, senso delle istituzioni, sintonia con il desiderio della gente e le sue comprensibili paure. Questo il messaggio lanciato dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. “La domanda da porsi, all’indomani di un blitz di Magistratura e Forze dell’Ordine che probabilmente ha salvato Venezia da una strage, è la seguente: riuscirà la legislazione penale italiana a punire come meritano i terroristi, anche a prescindere dal fatto che non sono riusciti a far scorrere il sangue che volevano? E più in generale, le leggi italiane consentono di combattere e punire la criminalità, di qualsiasi estrazione essa sia?. La risposta è purtroppo no. La cronaca, magistrati sempre più numerosi che si sentono impotenti nel loro difficile mestiere, i media, oggi dicono purtroppo no".

Zaia cita alcuni recentissimi esempi: "Oggi - fa notare - non uno qualsiasi, ma il presidente dei magistrati italiani Piercamillo Davigo, scrive che ‘per una rapina in casa in Romania rischi 30 anni di carcere duro, in Italia puoi cavartela con quattro’, e ancora: ‘gli Stati con sistemi penali deboli finiscono per importare criminalità’, e ‘i criminali, potendosi spostare su territori diversi, scelgono il luogo dove è più conveniente delinquere’. Gli fa eco l’informazione, che testimonia ‘il trionfo dei criminali’, rivelando che 'per un furto in casa la pena in Italia è di 46 ore’, che ‘nel 97% dei casi il colpevole resta impunito’, che ‘vengono svaligiate 200 mila proprietà l’anno’, che ‘un rapinatore la fa franca 32 volte su 33’".

"In tutto questo - conclude Zaia - anche l’Europa ha di che vergognarsi: lacerata e impotente sull’immigrazione, divisa al punto che gli stati non si scambiano nemmeno tutte le informazioni che servirebbero per una difesa comune della sicurezza e della legalità, capace di fiaccolate di solidarietà, di vertici di parole e di null’altro. A questo proposito torno a citare Davigo: ‘possiamo senz’altro dire che tali realtà criminali non solo sono sensibili alla facilità di migrazione, ma hanno addirittura, in certi casi, tratto origine dal modello di organizzazione a frontiere aperte, scegliendo in quale luogo operare’”.
 

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