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Cronaca

Finto magistrato raggira Baita e Mazzacurati, "rubati" sei milioni

Uno degli arrestati dell'inchiesta Mose racconta di essersi spacciato per il dottor Raffaele Tito di Udine. Indagate altre quattro persone

Si presenta come il procuratore aggiunto di Udine. Un uomo potente, che afferma di poter mettere il naso sulle indagini della Finanza. Di più. Afferma di potere influenzare in modo decisivo gli accertamenti fiscali delle fiamme gialle. In verità uno degli arrestati dell'inchiesta Mose, come tanti altri, ha finto ciò che non era con l'unico scopo di spillare soldi alla "cupola". E ci è riuscito.

Lucrando assieme ad altri quattro complici, come riporta il Gazzettino, circa 6 milioni di euro tra contratti di consulenza, forniture di materiale e contanti. L'arrestato si presentò quindi come il dottor Raffaele Tito, che divenne famoso due decenni or sono con l'inchiesta Mani Pulite a Milano, il quale sarebbe intenzionato a costituirsi parte offesa. Il millantatore si sarebbe presentato a Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani, affermando di essere in grado di aggiustare alcuni procedimenti penali pendenti tra Veneto e Friuli. Dietro il pagamento di soldi.

Una prima consegna sarebbe arrivata in un ristorante di Portogruaro nel 2011, l'ultima tra marzo e aprile del 2012 a Quarto D'Altino. Poi il gruppo per rendere la sceneggiata più verosimile avrebbe preparato un falso documento della Finanza, almeno secondo il racconto fornito ai magistrati, che doveva mettere nero su bianco la chiusura delle verifiche fiscali delle fiamme gialle. Il pezzo di carta sarebbe stato visionato dall'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati.

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