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Cronaca

Galan trasloca, ma porta via water e lavandini dalla villa confiscata

L'ex governatore avrebbe fatto staccare anche i termosifoni: ora villa Rodella non sarebbe più abitabile. Rischia l'indagine per danni a un bene confiscato

Giancarlo Galan se ne va dalla villa confiscata, ma si porta via i pezzi. Le polemiche intorno all'ex governatore del Veneto finito al centro dello scandalo Mose potrebbero arricchirsi di un nuovo capitolo dal momento che, come riportano i quotidiani locali, nel trasloco l'ex ministro avrebbe asportato da villa Rodella sanitari (lavandini e water dei bagni), termosifoni e caminetti. Rendendo la casa non abitabile e andando contro le normative che riguardano i beni confiscati.

Sarebbero i funzionari dell'agenzia del demanio ad aver scoperto il fatto, dopo essersi recati nella lussuosa residenza insieme ai finanzieri del nucleo polizia tributaria di Venezia. I bagni sarebbero risultati inutilizzabili, mentre l'assenza dei termosifoni impedisce di riscaldare la casa. Non solo, perché per staccare i vari "pezzi" da portarsi via l'ex ministro avrebbe causato danni a piastrelle e intonaco. Anche nel giardino, dove ci sono almeno due fontane, sarebbero stati asportati alcuni elementi.

La villa di Cinto Euganeo è proprietà dello Stato dal 3 luglio, quando la sentenza di patteggiamento è passata in giudicato. A Galan è stato concesso di abitarci per questi tre mesi, ma la normativa sugli immobili confiscati gli vieta di lasciare la casa in questo stato. Ora rischia una seconda indagine per danneggiamento, oltretutto con l'aggravante che il bene danneggiato è proprietà statale.

Il suo avvocato sarebbe già intervenuto spiegando che si tratta di un fraintendimento, che Galan ha ritenuto si trattasse di arredi: quindi pensava di poterlo fare, e ora avrebbe intenzione di sistemare ciò che ha rotto. Una perizia dei prossimi giorni, comunque, dovrebbe stabilire se il valore della villa ammonta ancora ai 2 milioni e 600mila euro previsti: in caso contrario, la Procura potrebbe rivalersi puntando a porre sotto sequestro altri beni del condannato.

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