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Cronaca

Covid, sequenziamento delle varianti in Veneto: quali sono e perché preoccupano

La dottoressa Ricci, direttore generale dell'Istituto zooprofilattico delle Venezie ha fatto chiarezza oggi in conferenza stampa. Nel Veneziano trovate la variante inglese e quella brasiliana

«Abbiamo sequenziato 519 campioni e identificato 17 diversi gruppi genetici, a testimonianza dell'estrema variabilità che esiste». Con quete parole, la dottoressa Antonia Ricci, direttore generale dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, ha fatto il punto sulle varianti di coronavirus presenti in Veneto, a margine del punto stampa del presidente della Regione Luca Zaia dalla sede delle protezione civile di Marghera.

Ci sono 4 varianti che preoccupano più delle altre, e tra queste quelle inglese, brasiliana e sudafricana. Le caratteristiche che le rendono più pericolose sono la maggior contagiosità, la pericolosità e la capacità di sfuggire all'azione degli anticorpi. Sono quelle varianti indicate a livello internazionale con l'acronimo Voc (Variant of concern), ossia quelle mutazioni da tenere sotto controllo. Ricci ha spiegato che per valutarne l'effettivo impatto è necessario associare il dato epidemiologico a quello virologico, solo così è possibile trarre delle conclusioni scientifiche sulla relativa "pericolosità".

Non è detto che una variante abbia un impatto negativo, bisogna unire i dati e solo dopo trarre le conclusioni

Ad oggi, come spiegato da Ricci, a livello internazionale sono state tratte conclusioni solo per le varianti inglese, brasiliana e sudafricana. Un dato è certo: «C'è una grande variabilità nella popolazione virale: non stiamo parlando di un virus, ma di una popolazione di virus».

Dei campioni sequenziati, 292 sono quelli relativi alle ultime 2 settimane, arrivati da diversi laboratori regionali. I campioni sono stati recapitati per diverse ragioni:

  • sorveglianza speciale: l'Iss (Istituto superiore di sanità) ha previsto di sequenziare campioni in due giornate specifiche, quelle del 3 e 4 febbraio scorsi, per avere una fotografia generale e un dato comparabile della presenza esclusiva della variante inglese. Nell'occasione, le sequenziazioni sono state 182 in tutto, dalle quali è emersa una prevalenza della variante, nei campioni del Veneto, in linea con quella nazionale, ossia del 17,7%
  • sorveglianza in situazioni particolari: sono stati sequenziati campioni relativi a cluster di infezione in cui si riteneva interessante andare a vedere se effettivamente il virus fosse una variante o meno. I campioni sono arrivati da scuole e istituti religiosi: in una scuola della provincia di Venezia 8 casi sono stati associati alla variante inglese, confermando che la natura del cluster fosse proprio legata alla specifica mutazione
  • sorveglianza di casi sospetti per l'andamento dell'infezione: in particolar modo è stata identificata la variante brasiliana del virus in due casi di positività, uno di Venezia e uno di Padova, riscontrati in pazienti che non avevano storia di viaggi all'estero
  • sorveglianza nella positività ai mondiali di sci di Cortina d'Ampezzo: di 6 campioni inviati, in 4 è stata trovata la variante inglese (tutte persone residenti in Italia).

La variante inglese del virus

La preoccupazione sulla variante inglese del virus è giustificata per la maggior contagiosità, dal momento che sarebbe in grado di trasmettersi e produrre più facilmente infezione. Come spiegato da Ricci, la variante inglese può aumentare l'Rt di un valore da 0,4 a 0,7 in più rispetto ai ceppi normali. Difficile dire, invece, se sia più pericolosa: studi inglesi lo hanno dimostrato, ma su un numero troppo limitato di osservazioni. L'Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) sostiene che sia probabile, ma comunque non certo; non c'è inoltre alcuna conferma sul fatto che sia più in grado di infettare i bambini.

E quella brasiliana

Anche la variante brasiliana sarebbe in grado di diffondersi maggiormente, ma non quanto quella inglese. È stato anche smentito che sia più pericolosa, - ha infatti la medesima patogenicità dei virus normali - ma ha la caratteristica di poter sfuggire in parte alla protezione anticorpale. «L'attenzione su questa variante - ha concluso Ricci - è dettata dal fatto che sia i vaccinati sia chi ha già contratto il virus possono essere meno protetti. Questo non significa che la vaccinazione non funziona, ma che il livello di protezione sarà più basso e che potrebbe quindi essere necessario un ulteriore intervento vaccinale oltre a quelli definiti. Bisogna prestare attenzione a questa carattetistica».

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