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Cronaca Fusina

Terreno contaminato, multa milionaria. Bettin: «Ora un piano di risanamento dell’area»

L'area grande come un campo da calcio a Fusina, scoperta dai carabinieri forestali. Una società veneta la proprietaria. Il consigliere Verde Progressista: «Vicenda che dimostra la bontà del Progetto Moranzani, bloccato in fase operativa e mai più ripreso»

I carabinieri del Nucleo Forestale di Mestre scoprono movimenti su un terreno grande come un campo da calcio a Fusina, indagano e trovano che è avvelenato da metalli pesanti e idrocarburi e che la società proprietaria, come dovuto, non aveva mai segnalato in 15 anni le condizioni dell'appezzamento, pur essendone a conoscenza. Scatta una multa, la più alta per inquinamento nell'area di Porto Marghera da vent'anni a questa parte: un milione e 752 mila euro. «L’indagine dei carabinieri forestali di Mestre, che ancora una volta vanno ringraziati, che ha accertato la presenza di pesanti inquinanti in un terreno i cui titolari non hanno provveduto a denunciare la situazione agli enti competenti né ad agire di conseguenza per risanarla, conferma il grado di compromissione, di guasto, che caratterizza tutta l’area in questione, nella zona di Fusina-Moranzani - è il commento del consigliere comunale Verde Progressista, Gianfranco Bettin - Essa è il prodotto di decenni di discariche selvagge, di abbandono di rifiuti pericolosi e tossici, di un uso scellerato del territorio che ha devastato l’ecosistema intorno e dentro Porto Marghera, a bordo laguna, attorno a zone abitate, avvelenando la salute e l’ambiente. Irresponsabile è aver taciuto tutto questo e, dunque, siamo appunto grati a chi, come i carabinieri, ha scoperchiato la realtà».

Una ditta immobiliare veneta, che aveva acquistato nel 2007-2008, la proprietaria. La sanzione è stata contestata all'amministratore unico. «Questa vicenda dimostra ancora una volta la necessità di intervenire radicalmente per risanare il territorio - prosegue Bettin - e conferma la giustezza del Progetto Moranzani, a suo tempo sviluppato, volto a bonificare o a mettere in sicurezza tutta quell’area. Progetto, purtroppo, arenatosi proprio quando stava iniziando la fase operativa e mai più ripreso dagli enti che avrebbero dovuto, più di tutti, implementarlo, e cioè il Comune e la Città metropolitana di Venezia e la Regione Veneto. Sono sacrosante, perciò, le severe sanzioni irrogate a chi, pur non avendo provocato la contaminazione, sapeva, secondo l’accusa, che la contaminazione esisteva ma non ha provveduto a comunicarlo né a intervenire. Ancor più, però, è necessario riprendere un piano di risanamento dell’area, per risolvere una volta per tutte questa sporca, velenosa vicenda».

 
 

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